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< Capitolo Secondo
Ma anche qui, se la società, (li cui è parola, avesse ridotta
di un milione la produzione di merci di consumo non neces-
sario de' suoi azionisti ed operai ed avesse in quella \ece pro-
dotto per un milione di macchine e di viveri necessari agli
operai nuovamente impiegati, il milione prelevato sugli azio-
nisti e sugli operai sarebbe andato precisamente ad acquistare
quelle macchine e quei viveri, nè perciò vi sarebbe stato alcun
eccedente di merci invendute, mentre le merci nuovamente
prodotte sarebbero andate a reintegrare il capitale nuovamente
impiegato. Se invece tale eccedente sussiste, gli è soltanto per-
chè la società si è ostinata a produrre ancora per un milione
di merci di consumo non più richieste dagli operai ed azio-
nisti, anche dopo che ha prelevato un milione su di essi. E
se tale errore fu commesso, lo squilibrio si ha indubbiamente.
Ecco ora un altro scrittore, il quale ritiene che codesto
squilibrio venga esacerbato, quando si effettui la integrazione
verticale; poiché, data questa, il produttore del finito non
deve più spendere moneta nell'acquisto delle materie prime
e perciò non gitta sul mercato moneta, che vada nelle mani
dei loro produttori (1). Ma quell'autore non avverte che
se, in tali condizioni, è ridotta la quantità di moneta, che i
produttori debbono gittare sul mercato in cambio di prodotti,
è pure ridotta in egual misura la quantità di prodotti, che si
gitta sul mercato per ottenere moneta; e che perciò non v'ha
ragione perchè debba farsi luogo ad uno squilibrio purchessia.
§ 3. Attinenti alla distribuzione.
a) Variazioni del salario.
E' anzitutto di ovvia evidenza che ogni aumento nella of-
ferta di lavoro deve scemare il saggio del salario; e le ecce-
zioni. che a tale riguardo si affacciano, sono nulla più che
apparenti. Così alle isole Havai la concorrenza dei lavoratori
orientali scema bensì l'impiego dei bianchi, ma non però il
(1) Hastincs : Costi and profits - N. York 1923, 104 e «■gg.