FRANCESCO FERRARA
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Ecco ora Ferrara offrire un vero trattato, volutamente sistematico, dei principi della scienza dei tributi! C'è, qui, tanto da rendere giustamente orgogliosi il promotore e la curatrice dell'edizione.
" Il Trattato speciale delle imposte è la riproduzione del corso di lezioni tenute a Torino nel secondo quadrimestre dell'anno accademico 1849-1850 dal 2 aprile al 18 giugno. Per qualche lezione esistono solo appunti sommari, correttamente riprodotti nella loro forma originaria; ma il più è stesura definitiva, di penna del Ferrara.
4. — Anche posto dinanzi ad una materia cosi ribelle alla sistematica, all'ordine logico, all'ubbidienza ad un principio dichiarato, quale è la materia tributaria, Ferrara non si smarrisce. La sua fiducia nel trionfo ultimo della verità contro l'errore, della giustizia contro l'arbitrio, della libertà oppressa contro la tirannia trionfante è fermissima.
Se queste osservazioni statistiche non hanno ancora acquistato la latitudine e la certezza che basti per dedurre un gran numero di verità, han giovato pur non di meno a svelare un gran numero di antichi errori.
L'opinione pubblica si è rischiarata. Il contribuente ha conosciuto qual sia l'estensione, e quali i confini del suo dovere in fatto di imposte; e questa cognizione è divenuta un gran freno alla licenza dell'amministrazione; più di una volta è penetrata nei gabinetti, più d'una volta i principi più potenti si son trovati, senza pur sospettarlo, soggiogati dalla forza di un modesto ed ignorato scrittore (I, 565-6).
capi di un qualsiasi indirizzo finanziario. Mi pare di sminuire la figura sua; che gli « indirizzi » sono principalmente una invenzione a scopo di passatempo accademico e, m quanto hanno sostanza, sono meri «strumenti» logici di indagine. Ferrara parmi abbia avuto sempre scarsa simpatia per questioni metodologiche in sé considerate; ma andò combattendo e discutendo, alla cerca di «verità» da contrapporre ad «errori», di «principi» e di « teoremi » da affermare contro « opportunismi » e « compromessi ».
Quello degli « indirizzi » non è poi, si noti, un passatempo innocuo. Quando un disgraziato ha avuto il suo bravo collocamento in qualità di precursore capo seguace corifeo o pedissequo di un indirizzo è finita per lui. Le sue idee più caratteristiche, quelle a cui egli teneva di più si smorzano e si smarriscono annegate nell'acqua grigia della scuola od indirizzo al quale egli è fatto appartenere. È un liberista, un protezionista, un socialista, utopista marxista o della cattedra, un cattolico, un corporativista, uno storicista, un ottimista, un pessimista. Appartiene alla scuola italiana, francese, inglese, viennese, di Losanna; è un seguace dell'indirizzo matematico. Nascono sublimati, incarnazioni medie di idee, che non hanno sapore né significato. L'idea che a poco a poco ci facciamo di taluni scrittori si connette con due o tre fantocci: i fisiocrati — prodotto netto — imposta unica; mercantilisti — bilancia del commercio — oro e ricchezza; liberisti — stato zero^ — individuo fa quel che vuole; e simigliami stravolgimenti grotteschi della verità, che è infinitamente più ricca e varia dei cartellini scolastici. Propongo perciò che qualche accademia annunci un premio alla migliore storia delle dottrine economiche, nella quale non si faccia motto di indirizzi e scuole e si ricostruisca la storia dei concetti economici, falsi o veri, morti o vivi, purché chiaramente definiti, ed un altro premio alla migliore raccolta di schizzi di economisti, nei quali si metta in luce quel che di originale di caratteristico essi hanno detto, di diverso dalla concezione corrente della cosidetta scuola alla quale essi sono reputati appartenere.