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agricoltori, terraioli, braccianti e giornalieri: ossia alla classe dei
contadini, in maniera che, fatta astrazione del piccolo numero dei
facchini di città, la nostra emigrazione si poteva per tre quarti con-
siderare come rurale; ma l'incremento di popolazione era così copioso
che questa sottrazione di braccia non arrivava a determinare un
aumento nel prezzo della mano d'opera, per quanto non sia da escludere
che ne abbia impedito una diminuzione (1).
Non mancavano coloro che si dolevano del fenomeno dal punto
di vista sentimentale. Si sentiva spesso ripetere che «la nuova Italia
era una madre snaturata, che respinge dal proprio seno i suoi figli »,
e si aggiungeva che «ogni emigrante rappresentava una forza utile
sottratta, o temporaneamente o per sempre, alla patria». Come notava,
però, il sen. Jacini, erano tutte frasi, queste, il cui senso andava
ridotto alla sua vera misura, e che potevano produrre un'impressione
erronea. Dove, egli diceva, insieme alla insufficienza delle risorse
agricole, non c'è possibilità di promuovere alcun considerevole svi-
luppo, nè industriale, nè commerciale, l'emigrazione di una parte della
popolazione in contrade tuttora spopolate e ricche di risorse, fino a
che sul globo terracqueo esistano contrade in tali condizioni, è una
legge di natura (2). Il Sonnino era ancora più reciso, e non solo
non si univa a coloro che deploravano il fenomeno in sè stesso, ma
si rallegrava per il nostro paese, per l'avvenire della schiatta e del
nome italiano, che la nostra popolazione avesse in sè questa forza
d'espansione, la quale, benché ancora minore di quella della razza
germanica o anglosassone, era pur tale da fornirci i mezzi di esten-
dere l'azione e la civiltà nostra sopra lontane contrade. Teniamo sem-
pre a mente egli diceva che, fino a tanto che non si saranno trovate
soluzioni più efficaci ai grandi problemi sociali di quel che non sia
dato escogitare ora, l'emigrazione è, non solo una vera valvola di
sicurezza per l'ordinamento sociale, ma puranche un'arma nelle mani
delle classi lavoratrici, che sarebbe imprudente ed ingiusto il voler
loro togliere. Con la nostra scarsezza di capitali, egli continuava, e
finché i valori pubblici ci daranno un frutto, al netto di tassa, di
circa il cinque per cento, suonerà una vana frase rettorica il racco-
mandare ai cento e più mila contadini, che ogni anno si dispongono
ad emigrare, spinti dalla miseria e dalla fame, di andare a morire
sui campi sterili e incolti, o fra le paludi della madre patria, invece
(1)	Cfr. Sonnino, Discorsi, I, pag. 120.
(2)	Cfr. Jacini, Inchiesta, pagg. 233 e 238.