CONCLUSI OHE
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infestato, con modi anzi pressoché sprezzanti, Giovanni Giolitti, il
quale non lasciò passare nessuna occasione per additare le proposte di
allargare il voto estendendolo anche agli analfabeti, quali tentativi,
inopportuni e cattivi, di abbandonare il paese al predominio della
parte più incompetente ed intellettualmente inferiore della popolazione.
La condotta della guerra, completamente indisturbata da parte degli
operai, seguita anzi, dalle masse, con grande benevolenza e, in certe
Provincie, con vero entusiasmo e clie non diede luogo a nessuna rivolta
socialista e nè pure a quei movimenti antibellici come si erano svolti,
non privi di energia e di violenza, durante il periodo travagliato delle
guerre abissine, e che erano ancora fresche nella memoria di tutti,
fece cambiare idea alle persone più influenti tra i conservatori italiani,
e. innanzitutto, a chi dirigeva, in quell'epoca, il timone del governo.
Anche prima che la guerra fosse virtualmente ultimata, lo stesso Gio-
litti propugnò, senza la minima costrizione da parte d'altri (poiché il
partito socialista non fu mai così innocuo come allora) l'allargamento
del voto politico. Fin'allora solo 3.219.000 cittadini italiani si erano
trovati in possesso dei pieni diritti elettorali. Ora, ad un tratto la somma
degli elettori saliva a 8.562.000; con altri termini il suffragio fu ac-
cordato a nuovi 5.353.000 cittadini; allargamento che rasentava, nei
suoi effetti, il suffragio universale, La motivazione del cambiamento
d'idee del governo e dei moderati di fronte al problema elezionista
fu essenzialmente patriottica, Nonostante la loro antica avversione teo-
rica contro la politica coloniale, gli operai industriali e, più ancora,
i braccianti si erano battuti contro i turchi con molta disciplina e
giuliva ubbidienza, contrariamente ad ogni previsione. Tale atteggia-
mento ligio alla politica governativa meritava un premio per indurre
il proletariato a perseverare sulla nuova via presa. Nel Parlamento
il presidente dei Consiglio fece valere la tesi avere le classi operaie
italiane, col loro contegno patriottico sui campi di battaglia in Libia,
fornito la prova al Paese di avere raggiunto oramai un' grado ele-
vatissimo di maturità politica. Chi è pronto di dare la sua vita per
ima nobile meta sarebbe anche capace di promuovere l'interesse della
patria quale elettore e avrebbe quindi il diritto di venire considerato
dallo Stato come meritevole di essere messo nella pienezza della sua
cittadinanza.
In questa guisa, il suffragio universale, dato al popolo italiano dopo
l'esito felice della guerra africana, costituisce il tentativo del governo,
fatto sotto buoni auspici, di rendere ligie le masse operaie di città e
di campagna all'idea di patria, come tale idea viene concepita dagli
intellettuali. Nè vogliamo entrare in merito della questione se un tale
Ji. Michel?, Imperialismo. — 12,