Vili
PREFAZIONE
territorio di smercio alla produzione indigena, perchè l'industria
italiana disponeva anche prima della guerra di sufficienti sbocchi
per i suoi prodotti; nè può aver guidato all'azione coloniale il
segreto intendimento di ricavare prontamente ricchi beneficii dallo
sfruttamento della Libia, poiché agli uomini di Stato italiani era
noto il pensiero dei più prudenti economisti : essere i vantaggi
che dalla Libia si possono trarre riservati alle generazioni fu-
ture; ed infine non è da ritenersi che la « grande proletaria» si
sia mossa per incanalare l'emigrazione in terra propria, poiché si
sa che soltanto un piccolo rigagnolo del gran fiume dell'emigra-
zione italiana andrà nei prossimi anni a fecondare le nuove pro^
vincie africane d'Italia. La conquista della Tripolitania e della
Cirenaica appare sopratutto opera di prevenzione e di profilassi
politica ed economica : l'Italia, il paese più mediterraneo d'Eu-
ropa, non poteva continuare a vivere nel timore di diventare un
bel giorno, per i suoi traffici africani, completamente tributaria
dell'Inghilterra, della Francia e della Spagna ». È precisamente
quanto io stesso ho detto nella sintesi di questo libro. L'unico
punto che mi divide dall'Alberti è una questioncella termino-
logica sul concetto imperialismo. Non è vero che io abbia dato
all'imperialismo italiano lo stesso significato che ai suoi confratelli
d'oltre confine; anzi, ho accennato, sia pur solo a volo, per ben
due volte, al principio come alla fine di questo volume, all'aspetto
differente che l'imperialismo assume nei vari paesi.
Resta la questione se l'espansionismo italiano non abbia
proprio nulla in sé di imperialistico. Io credo di sì, a meno che
non si voglia dare alla parola « impero » una definizione troppo
romana. L' imperialismo italiano è imperialistico perchè egli
aspira istintivamente, per quanto in modeste proporzioni, ad un
dominio che oltrepassa il proprio territorio nazionale e lingui-
stico. Se esso sia poi nato, come opina l'Alberti, prevalentemente
da sentimenti, poco monta ; tanto meno in quanto che quei senti-
menti non fanno che nascondere, bene o male, un istinto robusto
e potente, una tendenza dinamica.
In ultimo una parola al prof. De Johannis che mi fece rile-
vare che come l'Italia abbia potuto distruggere il suo debito così
potrebbe darsi che anche l'emigrazione italiana vesta un carat-
tere altrettanto transitorio. Risponderei all' illustre mio amico
defunto che certo non è da escludersi, a priori, tale possibilità.
Ma mi sembra però possibilità tanto lontana da poter essere