— 541 — Da un decennio circa stiamo assistendo nei circoli scientifici internazionali a un rinnovato interesse per le opere neoclassiche di finanza pura perché ci si rende conto come la loro impostazione teorica — pur nel suo schematismo ed al di là di certe ingenuità soggettivistiche — sia rilevante, per l’analisi delle questioni riguardanti i bisogni pubblici ; ci si rende conto che, al di là della mera problematica quantitativa della politica fiscale (o fiscal policy), della stabilizzazione e del pieno impiego, il problema dell’azione collettiva solleva grosse questioni di principio e di contenuto su cui l’economista deve apprestare validi strumenti di ricerca. È ora tempo di procedere oltre nel riannodamento dei fili, troppo frettolosamente tagliati, con l’elaborazione economica e finanziaria delle prime decadi del secolo e di portare l’attenzione sulle opere di economia finanziaria con contenuto applicativo, sia perché certi problemi meglio si afferrano nel riferimento storico (e la storia di allora è tutt’altro che irrilevante per noi) e sia perché anche l’epoca di allora fu una epoca di trasformazione : quella dalla prima fase della società industriale alla fase del capitalismo delle grandi imprese, dell’urbanesimo, delle masse sociali desiderose di più alti livelli di consumo e di sicurezza. Del resto vi è un aspetto in cui l’impostazione di Nitti apparirà certamente vicina alla forma mentis delle attuali generazioni : ed è il suo costante riferimento, nell’indagine finanziaria, al punto di vista del reddito nazionale, considerato come grandezza misurabile, di cui si discute in termini quantitativi, oltreeché qualitativi : in questo senso, la lettura dei Princìpi ha anche un preciso interesse metodologico. Oggi giustamente vi è una acuta sensibilità all’inserzione dell’economia finanziaria nel quadro macroeconomico generale, a livello di analisi del reddito nazionale: sensibilità che nell’epoca neoclassica in cui Nitti scriveva non sempre era presente, data l’influenza della scuola dell’utilitarismo soggettivistico. Merita dunque di essere rilevata l’impostazione del problema macroeconomico globale dell’economia finanziaria svolta da Nitti. Era, a quei tempi, viva la controversia sul tema se — in sede di effettivi comportamenti e in sede di comportamenti ottimi — siano le pubbliche entrate a determinare le spese pubbliche o viceversa, controversia risolta dai marginalisti mediante il modello in cui si confrontano le utilità delle spese marginali con le disutililità dei prelievi marginali. La soluzione, sul piano della teoria dell’ottimizzazione, è ineccepibile ed offre — inoltre — il punto di partenza per un vasto campo di analisi, riguardante la teoria dei processi di