LA LOTTA PER L'ESISTENZA (1799-1825) 10!) turiera (li Sheffield (Sheffield mercantile and manufa<$hrin(] Union), la quale aveva per regola principale che nessun mercante o produt- tore dovesse pagare per ogni articolo fatto a Sheffield prezzi maggiori di quelli correnti nell'anno precedente, sotto pena di una multa di 100 sterline per ogni contravvenzione a questo accordo illegale (1). Durante tutta questa epoca di repressione, mentre migliaia di operai erano puniti per il delitto di coalizione, non si ricorda assolutamente alcun caso in cui un imprenditore fosse punito per la medesima colpa. All'uomo politico ordinario un'associazione d'imprenditori ed una associazione di operai non parevano paragonabili in nessun modo. La prima era tutt'al più un modo di condursi poco corretto nella vita industriale, la seconda era in tutti i casi un delitto politico. L'ombra gettata dalla rivoluzione francese faceva considerare col massimo timore alle classi dirigenti dell'Inghilterra ogni associazione di indi- vidui appartenenti alle classi inferiori. In questo terrore generale che l'insubordinazione degenerasse in ribellione si fondevano tanto l'ob- biezione del capitalista ai salari alti, quanto l'avversione dell'uomo politico alle istituzioni democratiche. Le leggi sulle coalizioni, come dice Francis Place, « erano consi- derate assolutamente necessarie per impedire estorsioni rovinose da parte degli operai, le quali, se non fossero state frenate in tal guisa, avrebbero distrutto completamente l'industria, la manifattura, il com- mercio e l'agricoltura della nazione... Da ciò si venne alla conclu- sione che gli operai erano gl'individui più mancanti di principii di tutto il genere umano : e questa convinzione finì per generare i con- tinui sospetti, il malvolere, ed in mille forme diverse, il cattivo con- tegno reciproco tra imprenditori ed operai. Questa falsa idea si propagò talmente, che ogni qualvolta gli operai erano dichiarati colpevoli dì essersi coalizzati per regolare i loro salari o le ore di lavoro, per quanto grave fosse la sentenza che li condannava e per quanto seve- ramente essa fosse inflitta, nessuno pensava a manifestare il minimo sentimento di compassione per i poveri disgraziati. Alla giustizia era inutile pensare: raramente essi potevano ottenere un'udienza da un magistrato, nè mai senza impazienza od insulti, nè potevano aspet- tarsi nemmeno l'ombra di una conclusione razionale... Se si potesse dare un resoconto esatto dei procedimenti, delle udienze davanti ai magistrati, dei processi alle Assise ed alle Corti, sarebbe necessaria, dopo che son passati pochi anni, la più sicura testimonianza per indurci a credere alla mostruosa ingiustizia, alle grossolane invettive ed alle terribili punizioni inflitte dai giudici di quel tempo » (2). (1) Sheffield Iris, 23 marzo 1814. (2) Manoscritti di Place, 27798-7.