II
macchine o di materie prime, quello Stato medesimo gl'impone, per gli stessi fatti e per gli stessi fini che determinarono il primo intervento, a suo favore, operazioni o limiti che lo stesso produttore non trovi di sua convenienza.
Nel tempo e nello spazio, lo Stato assume funzioni che prima appaiano essenziali, inscindibili dallo Stato medesimo, e poscia risultano contrastanti ai suoi fini naturali, o irraggiungibili o non convenienti. Fini nuovi si aggiungono o si sostituiscono a quelli esistenti.
Lo Stato è insopprimibile in ogni convivenza civile dell'uomo; anzi possiamo dire che esso, come autorità centrale dominatrice, appare anche nelle tribù selvaggie o semiselvaggie, in quanto vi è un capo che riunisce in se i poteri, e spesso dispone del lavoro, degli averi ed anche della vita di coloro che appartengono alla tribù.
Il concetto dello Stato è naturale nell'uomo civile; spontaneo è il riconoscimento della sua necessità, ciò che mette fuori discussione la sua esistenza (i).
Come l'uomo non può vivere fuori dalla società, così non si concepisce la società senza lo Stato. Perchè fosse altrimenti, bisognerebbe supporre una perfezione eguale in tutti gli uomini, una identità assoluta di idee, di bisogni, di sentimenti, un agglomerato umano come non è mai esistito e come non esisterà mai.
Abbiamo invece avuto esperienze svariatissime di Stati diversi: diversi per la concezione di coloro chiamati a tradurre nella realtà il principio naturale e mitico insieme di questo potere sovrano, diversi quindi per le forme concrete che nella realtà assumono queste concezioni divergenti.
Se Io Stato è insopprimibile, la discussione nasce allora, e dura da secoli, sui limiti dell'azione dello Stato, sulle funzioni che taluni gli riconoscono ed altri gli negano, sui rapporti tra lo Stato e l'individuo, tra lo Stato e le classi di cui l'individuo fa parte. E forse lo studio della realtà, cioè lo studio di questa azione dello Stato meglio ci conduce alla conoscenza della sua natura, anziché il procedimento
(i) «Come negare l'esistenza e l'efficienza di cause naturali determinanti «la vita sociale e la coordinazione in gruppi politici, di guisa che chi dice « uomo, dice società e chi dice società, dice Stato ? » (V. E. Orlando, Lo Stato e la realtà. Discorso inaugurale dell'anno accademico 1910-11 nell'Università di Roma).