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nità d'Italia. Per ciò Mazzini, scrittore, oratore, apostolo dell'unità, è, s'è detto, la coscienza stessa della Nazione. Più di tutti, è lo scrittore propagandista e pedagogo, inteso appunto come « coscienza », (piale auspicava l'Alfieri.
Sul suo t'ascino, sul prodigioso influsso dell'esempio e della parola, non occorre dire dopo quel che ne ha scritto il Luzio, e quando testimonianze certissime dimostrano che ii nome di Mazzini, fin oltre gli Oceani — e ne fece personale esperienza lo stesso Garibaldi — era come la voce della Patria. Scrive, appunto, il Luzio : « Con l'esplosione del '48, con la dittatura morale in Roma repubblicana, crebbe a dismisura l'influsso mazziniano e culminò nelle rinfocolate cospirazioni frenetiche dal '50 al '57 » (28). Anche Napoleone III, com'è notissimo, cospirando nella sua giovinezza per l'indipendenza d'Italia agì nell'orbita spirituale di Mazzini e non è escluso che egli fosse stato designato dal maestro (piale condottiero di una spedizione — soltanto progettata — che avrebbe dovuto ripetere, nella speranza di miglior fortuna, quella di Savoia (29).
Finalmente con Mazzini, la Carboneria — che i contatti con la Massoneria avevano troppe volte fatto deviare dai principi (30) — cede il posto al nuovo edifìcio, alla Giovane Italia} organizzazione tipicamente rispondente all'intenso misticismo che alimentava lo spirito dell'apostolo. Mazzini, antifederalista e unitario, che proclama « Amare e credere è tutta la mia vita » che insegna la virtù del dovere e la resistenza al sacrificio, implacabile contro « i raggiratori materialisti e prosaici, adoratori
(28)	A. Luzio, Carlo Alberto e Mazzini, Booca, Torino, 1923, pag. 234.
(29)	Vedi l'Appendice al libro 3° (pag. 257 e segg.) di La Massoneria e il Risorgimento italiano, di A. Luzio, Bologna, Zanichelli, 1925.
(30)	L'occasione prestandosi, reputo utile ricordare che la setta massonica — come è abbondantemente dimostrato dai due documentatissimi volumi di A. Luzio su « La Massoneria e il Bisorgimento » (op. cit.) — non diede alcun contributo alla nostra costruzione unitaria. Nel tempo della prova brillò per la sua latitanza, e riapparve al solito, nell'ora del successo per compiere l'opera che tutti sanno. Nessun Martire — perchè anche per Amatore Sciesa esistono legittimi dubbi — appartenne alla setta. E' vero invece che la setta abbandonò vilmente il « fratello » Carlo Pisacane quando tentò la disperata spedizione.