— 60 — In lui, nipote del Barbarossa, figlio di italiana, nato in Italia ed educato a Palermo — proprio mentre in Sicilia si andava affermando quel volgare eloquio che doveva diventare la lingua di Dante e degli Italiani — pupillo di Innocenzo III, poeta "filo-sofo e forse anche scienziato prima di diventare fortissimo guerriero e abilissimo politico, in lui che, in quel barbaro inizio del secondo millennio non fu crudele se non per necessità, erano evidenti il gusto, l'educazione, il temperamento italiani. E sopratutto apparve tale in ciò che, sinceramente cattolico, fu tollerante di ogni religione e civiltà, preferì sempre conciliare piuttosto che vincere o meglio vincere attraverso la conciliazione, nella lotta contro il Papato si atteggiò costantemente a figlio rispettoso della spirituale potestà della Chiesa insieme che tenace assertore dell'indipendenza del potere civile. Umanista e spirito umanissimo, fondò l'Università di Napoli e dettò costituzioni che segnano una svolta nel cammino dell'umanità. Una, che già lo Sclopis giudicò per riforma sociale, il Momigliano, nel suo interessante e documentato libro sull'Imperatore, ritiene precorritrice delle nuove civiltà. Eccola : « Noi, che teniamo la bilancia della giustizia sui diritti di ciascuno, non vogliamo nei giudizi distinzioni, ma uguaglianza. Sia Franco, sia Romano, sia Longobardo, l'attore o il convenuto, vogliamo gli sia resa giustizia » (41). Ma il disegno italiano appare essenzialmente nella strenua difesa del Regno di Sicilia — di cui il Pontefice aveva la tutela giuridica — dal dominio dei Papi, nel titolo « totius Italiae le-gatus » conferito da Federico al suo rappresentante (42) (il quale invece, nella realtà, non aveva potestà sull'intera Penisola), nella fiera lotta contro i baroni feudatari irrequieti e di- (41) Eucardio Momigliano, Federico li di Svevia, pag. 229, L. F. Cogliati editore, Milano, 1932. (42) Nella sua Idea italiana nei secoli, Padova, 1920, A. Draghi editore, Vincenzo Epifanio accennando al notevolissimo episodio del « delegato », non sembra dargli valore probante nei confronti della nostra tesi.