L'eredità di Napoleone trasferiva nella realtà quella che era stata la pur vaga aspirazione ideale del primo poeta dell'Italia moderna, il succo violento della filosofia ribelle e novatrice del piemontese Vittorio Alfieri. E' appena necessario avvertire subito che l'anticattolicismo di Alfieri, i suoi spiriti antidinastici (che facevano parte del suo programma libertario grossolano e assoluto : non mancò chi (Ca-losso) vide in Alfieri uno spirito tendenzialmente anarchico) non hanno alcun rapporto con l'influenza che l'ideale alfieriano di libertà — subito interpretato, secondo l'uimore tradizionale e il naturale storicismo del Piemonte, nel senso di liberazione dallo straniero — esercitò sullo spirito e la coltura del Regno sabaudo (28). La rivolta alfieriana contro la tirannia, che con il Misogallo esce dal generico per indicare addirittura bersagli pratici, diverrà nel giuoco abile ed eroico dell 'élite italiana dei piemontesi, protagonisti ancora in ombra della vicenda nazionale, il duplice strumento per conseguire il fine tradizionale della Dinastia, sempre ansiosa di allargare i suoi domini nella Penisola, anche, e più, quando quell'antica meta si ritroverà nell'altra, nuova e magnanima : l'indipendenza della Penisola dallo straniero, l'indipendenza che è la premessa logica dell'unità, l'indipendenza « sommo bene » instancabilmente propugnato da Balbo, quale « porro unum necessarium ». Duplice strumento, è cioè creatore di quell'atmosfera spiri- sapendo di poter conseguire qualunque premio, purché meritato, ha fatto progredire la società più che non sia mai successo, da quando la storia ricorda gli uomini e i loro sforzi di miglioramento ». Ottimismo ? Certo. Ma senza un ragionato ottimismo — che era poi l'angelo custode di Napoleone — non si interpreta la storia, perchè non si capirebbero gli uomini. (28) Basti pensare all'esemplare lealismo monarchico e alla profonda ortodossia cattolica di Cesare Balbo, di tutta l'Accademia dei Concordi, dei più diretti e attivi discepoli spirituali, insomma, del Poeta.