— 63 — alla causa italiana nocque, « sviò gli animi » dalla giusta mèta. E' appena necessario dire che la posizione guelfa del Balbo se ha indubbiamente influito nel determinare l'accusa di eresia contro la proposizione dantesca, non ha avuto peraltro parte alcuna nell'interpretazione del disegno imperiale di Dante come distaccato, indifferente ed anzi nemico del principio unitario nazionale. All'opposto Dante non nega l'idea italiana (dell'unità politica italiana), non l'assorbe nella idea imperiale, ma la presuppone (48). Per intendere la tesi imperiale di Dante bisogna rifarsi al suo credo politico, che è il federicismo, ed alla sua filosofia, che è tomistica, nella (piale, cioè, si rivolse il contrasto fra la fede e la ragione, l'umano e il divino. Si vuol dire che per Dante — e già qui scorgiamo una ragione della simpatia, intelligenza dell'anima, che gli professerà l'Alfieri — la politica investe tutti i massimi problemi della vita. L'impero è necessario al genere umano per liberarlo dalla infirmitas provocata dal peccato originale che devia dalla retta via l'intelletto degli uomini. Iddio — da cui tutte le cose create muovono — è l'origine, la causa dell'Impero il cui fondamento è la giustizia. « L'impero universale — spiega l'Ercole — organo della giustizia naturale ed umana ; un organo cioè che, per quanto posto in essere direttamente da Dio, è però sempre un organo umano, come quello che ha in sè, e non riceve per mezzo della grazia, l'energia e la sufficienza del proprio fine » (49). Evidentemente, questo disegno supera l'idea di Nazione e gli interessi del popolo italiano. Universale, esso abbraccia tutti i popoli. L'impero di Federico II di fatto non esiste più, Carlo Magno è appena un ricordo, ma Dante va ben oltre : il suo spirito cattolicamente universalistico abbraccia tutta l'umanità civile, egli la considera come l'unità vivente, l'unità senza la quale gli (48) Vedi, opera fondamentale, Francesco Ercole, Il pensiero politico di Dante, Alpes, 1927, 2 volumi. (49) F. Ercole, op. cit., voi. 2°, pag. 216.