LA PARITÀ GIURIDICA DEI POTERI COSTITUZIONALI	41
meni delle scienze affini, e anche di farvi utili riferimenti per trarne maggior luce, non porta diminuzione dell'indipendenza di una scienza di fronte all'altra ; ma purché tali fenomeni siano mantenuti coscientemente distinti e non confusi insieme, purché le considerazioni siano parallele alla scienza giuridica e non intersecate ad essa, purché i riferimenti siano giustapposti e non sovrapposti.
Il modo con cui si è qui tentato un metodo chiarificatore di un punto costituzionale, distinguendo, nella concezione armonica dei poteri dello Stato, il diritto dalla politica, e la politica dalle persone, ma non ignorando questi fenomeni che operano nello Stato e sullo Stato, può dare una qualche idea della autonomia del fenomeno giuridico, e in pari tempo della eventuale opportunità di farlo meglio risaltare con osservazioni in altre zone confinanti, sebbene sempre considerate nella loro diversità.
Con tale sistemazione e inquadratura giuridica si fanno passi brevi e faticosi per l'assestamento della scienza, ma almeno non la si guasta in un lavoro di Sisifo, per cercare ad ogni costo una novità, che spesso deriva soltanto da voluti equivoci nella terminologia, o da artificiosi arzigogoli nelle idee, e che ha il solo merito di dimostrare dell'ingegno, quando c'è, e della cultura, se c'è, ma che è più dannosa che utile al fondamentale progresso scientifico.
Basti tale accenno, già troppo lungo, senza ulteriori considerazioni, che pur sarebbero opportune per meglio specificare, tra l'altro, la politica come scienza e come arte. Infatti qui ho sempre ricorso ad osservazioni politiche d'indole generale; e ho lasciato le osservazioni contingenti di politica concreta, cioè l'esame della adattabilità degli istituti al vario tempo ed al vario luogo. Se, e sotto quale punto di vista, si possano ammettere anche tali osservazioni contingenti nella scienza del diritto pubblico, è quesito ancor più complesso. E quindi è preferibile arrestarci qui. Troppo grave è questo argomento, e trop-
damenti, e non nel suo spirito sovranamente equilibrato, come ebbi la fortuna di conoscerlo. Egli osservava (G. Carducci, Della letter. ital., Ili) «la facoltà di sapiente eclettismo e di artistica assimilazione che fu della gente nostra, degli elleni e dei latini ». Nientemeno !