una ulteriore conferma di nell'arena politica. In realtà, meccanismi noti. essi affermano, esiste la Presidenti Vice presidenti Altri membri CdG Totali Pei 13 13 De 3 2 14 19 Psi 3 3 7 13 Psdi 1 3 4 Pri 1 2 3 6 Pli 2 6 8 Msi-Dn 2 2 Sin. Ind. 3 3 Verdi 1 1 69 L'interpretazione non ne è però univoca. Secondo quella forse più consolidata, e con notevole appeal ideologico anche oltre i confini delle arene specializzate, è che, attraverso questi meccanismi, «il Servizio sanitario... (sia) diventato una nuova arena che favorisce occasioni e risorse di contrattazione ai partiti»4, configurandosi cosi come ulteriore esemplificazione del modello di party government, che attribuisce ai partiti e al sistema dei partiti italiani un controllo esteso, capillare, diversificato, delle risorse e dei processi decisionali e che ha «effetti disastrosi e paralizzanti in quelle aree (di relativamente recente emersione) dove l'intervento pubblico si rivolge a funzioni a elevato tenore tecnologico-professionale... (e in cui) i talenti organizzativi propri dei quadri di estrazione politica non possono non rivelare una disfunzionaie incongruenza nei riguardi delle attività necessarie per la realizzazione dei fini istituzionali»'. Accanto — e per molti versi in contrapposizione6 — a questo si va però facendo strada, anche nella politologia italiana, un approccio, in chiave di policy network, che, proprio a partire dall'analisi delle concrete modalità di distribuzione dell'autorità decisionale in settori ad alta densità di issues tecniche, o comunque con maggiore circolazione di risorse difficilmente acquisibili dai partiti (la sanità, appunto, i trasporti, l'urbanistica, ecc.), pare consentire un'ipotesi interpretativa diversa. I sostenitori di questo approccio, pur riconoscendo, in sintonia col modello della «partitocrazia», la rilevanza degli attori con afferenza partitica nei processi decisionali pubblici, contestano che le scelte adottate nelle specifiche policies siano ampiamente spiegabili sulla base degli interessi e degli schieramenti che i partiti perseguono possibilità di distinguere due arene differenti: una, di partisan policy, in cui si giocano in senso proprio le logiche di schieramento e le larghe opzioni di massima sugli obiettivi da raggiungere e sugli interssi da proteggere, ed una, di substantial policy, in cui non solo le scelte adottate possono esprimere logiche, e tradursi in provvedimenti, diverse e, al limite, anche in forte contrasto con quelle opzioni, ma anche la collocazione sull'asse amico/nemico può risultare discordante con quella di partisan policy. Viceversa, per quest'ultima, le decisioni assunte possono risultare indifferenti, per l'aleatorietà della collocazione dei destinatari in termini di estrazione del consenso, di difficile sponsorizzazione (si pensi, ad esempio, all'istituzione di un day hospital in un presidio ospedaliero), quando non inopportune o addirittura rischiose (quale partito sarebbe disponibile a sostenere che, in una struttura di dialisi a disponibilità limitata, si debbano selezionare i pazienti giovani rispetto agli anziani?). A ben vedere, è lo stesso «dilemma del rendimento»7 connesso al «contratto» sottostante ai moderni sistemi sanitari, «contratto» che ha «acceso un impegno aperto (open ended) da parte dello stato»*, se cioè perseguire elevati standard di soddisfazione dei bisogni, con costi crescenti o, al contrario, contenere la spesa, con un restringimento degli standard dei servizi offerti, a far sì che schede di preferenza difese in una delle due «arene» possa essere contraddetta nell'altra, e viceversa. Se queste osservazioni hanno un senso, se ne può ragionevolmente far derivare una prima conclusione. Il monopolio delle nomine ad opera dei partiti (con le logiche spartitorie che in esse si esprimono) non è anche monopolio delle politiche, e non solo il rapporto tra personale politico e partiti, particolarmente pervasivo al momento della designazione, presenta, una volta varcata la soglia operativa, maglie molto più larghe di quanto non si sia comunemente disponibili ad ammettere e di quanto sarebbe consentito dall'applicazione di un rigido modello di party government, ma i due problemi vanno tenuti su due piani distinti. Dove non ci sono ragioni per ritenere che il criterio di selezione fondato sull'appartenenza o sulla legittimazione partitica ne escluda a priori altri e, al contrario, che l'estrazione partitica sia largamente incompatibile, per gli amministratori, col possesso delle qualità necessarie ad amministrare. Il giudizio, tanto per l'uno, quanto per l'altro aspetto, va dato caso per caso, a seconda dell'evidenza empirica. J Rispetto al gruppo qui analizzato, procederemo esaminando per blocchi distinti il complesso di variabili attraverso le quali si possono individuare le caratteristiche della qualificazione degli amministratori pubblici, incominciando con qualche cenno sui dati biografici, di cui si può sinteticamente sottolineare: — una presenza femminile di poco superiore al 17%; — un'età media attorno ai 50 anni; — una prevalenza di nati in Piemonte (53,6%), soprattutto a Torino, seguiti dai nati al Sud (36,2%) e in altre zone del Nord o del Centro, con un Pei fortemente caratterizzato in senso localistico (10 dei suoi rappresentanti sono infatti nati in Piemonte) e un Psi che, sul polo opposto, ha reclutato la quasi totalità dei suoi componenti tra i nati nel Mezzogiorno (10 su 13, in maggioranza calabresi). Qualche attenzione in più merita, come ovvio, la definizione del profilo socioprofessionale che risulta, nel complesso, di livello piuttosto alto. Oltre P85% dei componenti i CdG delle UU.SS.SS.LL. torinesi è in possesso di un diploma di scuola media superiore o di una laurea, ed è di un certo rilievo il fatto che, tra i laureati (41,8%), quelli con laurea specifica per il settore (16,4%), insieme agli altri laureati in discipline tecnico- scientifiche (9%), sopravanzino, in modo abbastanza accentuato, i loro colleghi di cultura umanistica, a differenza, ad esempio, di quanto è stato rilevato per l'insieme delle altre UU.SS.SS.LL. piemontesi*. Il contesto 21