Con la prima indagine si vuole accertare se, nell'ipotesi che non esistessero leghe operaie e associazioni di imprenditori, la concorrenza fra i lavoratori da una parte e fra le imprese dal- l'altra possa effettivamente mantenere i salari al livello della pro- duttività marginale del lavoro e assicurare la più economica di- stribuzione delle forze di lavoro nei vari impieghi. Con la seconda ricerca si vuol far luce sull'uso che le coa- lizioni contrapposte intendono fare della propria forza; se cioè le leghe tendano solo a ristabilire per gli operai la parità contrat- tuale con l'imprenditore, che è piuttosto formale quando essi di- scutono isolatamente, dieci o cento o mille contro lo stesso com- pratore (in posizione di « monopsonista », come oggi si dice nel lin- guaggio scientifico), assillati dall'ansiosa ricerca di un'occupazione; oppure se al di là di questo limite legittimo esse aspirino ai be- nefici esclusivi del monopolio. E dall'altra parte se le associazioni degli imprenditori si propongano anch'esse semplicemente di neu- tralizzare, mediante l'intesa comune, la preponderanza delle le- ghe operaie ; o se non mirino ad esercitare una permanente pres- sione sui salari per mantenere artificialmente alti i profitti. La importanza di tali questioni è fondamentale. Se l'analisi del concreto procedere del meccanismo contrattuale in un sistema di concorrenza, cosi come questa può realizzarsi con le limita- zioni derivanti dalle caratteristiche umane del fattore lavoro e dalla rigidità delle combinazioni produttive, ponesse in luce la possibilità di salari e condizioni di lavoro non perfettamente ade- guati alla specifica produttività marginale del lavoro, sarebbe ac- certata la legittimità economica di rivendicazioni per l'una o per l'altra parte, attraverso un appropriato meccanismo istituzionale