ticolare si nega universalizzandosi, quell'antitesi non
rappresenta che la realtà della vita etica, e quei due
termini i momenti astratti di un'unica sintesi a priori.
E se così si pensa, si deve poi convenire che non
v'ha l'utile oltre il morale, ma eticità che trionfa con-
tinuamente del suo opposto. Sì che l'utile, e quindi
l'economia, in quanto è considerato positivamente o
concretamente si identifica con l'etica e in quanto,
invece, è considerato in contrapposizione all'etica non
può che essere, appunto, il suo opposto, la sua nega-
tività, il suo non essere; vale a dire non propriamente
l'utile o la categoria economica, bensì l'immorale. Dal
che consegue che se all'economia si vuol dare un signi-
ficato di carattere filosofico, o la si risolve senz'altro
nella stessa filosofia (nell'etica) o le si riconosce un
contenuto assolutamente negativo: l'immorale. E del
non essere non si capisce come potrebbe esservi scienza.
Negato un valore categorico al concetto di economia,
resta a vedere se possa tuttavia valere come astrazione
scientifica, e però di carattere empirico, l'ipotesi del-
l'homo oeconomicus. Si potrebbe pensare che da un
punto di vista puramente scientifico fosse lecito valersi
di questa astrazione. Nessuno afferma che l'homo oeco-
nomicus possa esistere effettivamente e agire secondo la
categoria della pura economicità: ma per costruire una
scienza occorre far uso di astrazioni, e, in questo senso,
la scienza dell'economia si pensa potrebbe imperniarsi
sulla fictio dell'homo oeconomicus. E nulla, infatti — po-
sto in questi termini il problema —, ci sarebbe da obiet-
tare se l'astrazione scientifica fosse veramente tale, di
carattere empirico, e non riposasse, invece, su una pre-
sunta categoria filosofica. Poiché quando si parla di
homo oeconomicus non si attribuiscono a questa figura