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listioo, scivola poi, più o meno bruscamente, verso uno
statalismo socialistico, dal quale il Carli non riesce a
salvarsi se non ricadendo in qualche modo nel liberi-
smo. E infatti, dopo aver detto che l'economia deve es-
sere dominata dalla nozione di utilità dello Stato, e che
quindi ogni dualismo tra economia e politica o tra
teoria e prassi deve eliminarsi, il Carli improvvisamente
ripristina il dualismo e apre la porta al liberismo
con le seguenti affermazioni: « Nello Stato corpora-
tivo l'economia resta pur sempre basata sulla pro-
prietà individuale e sulla libertà di contratto cosicché
— come dichiara la Carta del Lavoro — il fondamento
rimane l'iniziativa privata; ma e la proprietà indivi-
duale e la libertà di contratto subiscono delle limita-
zioni in vista della utilità dello Stato o, per usare un
termine paretiano, ma assunto a nuova significazione,
della ofelimità statale » *). Dunque l'economia rimane
quella individualistica e l'intervento dello Stato è con-
cepito ancora nei termini tradizionali di limitazione
della libertà: tutta la nuova costruzione è svanita come
nebbia al sole per l'impossibilità di concepire lo Stato
in modo diverso da quello dei liberisti e dei1 socialisti,
e cioè come limitazione o negazione dell'individuo. E
la conseguenza ultima è che l'economia corporativa
viene a perdere ogni cai-attere peculiare e a identifi-
carsi assolutamente con quella liberale, che anch'essa
riconosce la necessità di subordinare, in determinati
casi e per i superiori interessi della nazione, l'indi-
vidualismo economico a finalità sociali di indole diversa.
!) Premesse di economia corporativa, Pisa, Nistri-Lisehi, 1929, p. 46.