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fici di valore assoluto. Così, ad esempio, se il de' Pietri
Tonelli riesaminasse i principi della sua economia, co-
siddetta razionale, si accorgerebbe del permanere di
due motivi fondamentali (libera concorrenza, mono-
polio) che possono tuttavia essere al centro di una
trattazione economica solo se si è sostanzialmente —
non importa se consapevolmente o meno — orientati
verso l'ideologia liberale. E in tal guisa avviene che
il terrore stesso di contaminare la scienza con la pra-
tica conduca inesorabilmente all'assunzione implicita
e dogmatica di una concezione politica, della quale
non si saprebbe render conto. Si può pure insorgere
contro chi accusa di liberalismo tutta la scienza tradi-
zionale dell'economia e si può insistere nel carattere
affatto tecnico dell'ipotesi liberistica, ma sta di fatto
che quell'ipotesi è in funzione dello sviluppo politico e
sociale dal secolo XVIII in poi, e non sarebbe stata
assunta a fondamento sistematico dell'economia senza
quell'esperienza politica. E anche se, verbalisticamente,
si osserva che l'economia razionale non implica l'ipo-
tesi liberistica e si costruisce indifferentemente su qual-
siasi ipotesi ben determinata, la pretesa resta del tutto
estrinseca e i problemi continuano a impostarsi con
quella stessa mentalità. A questa legge non è sfuggito
il Pareto e non sono sfuggiti neppure i suoi discepoli.
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Che l'identificazione di economia tradizionale ed eco-
nomia liberale non possa seriamente mettersi in dubbio,
lo confermano gli altri tentativi fatti dai nostri econo-
misti per rendersi conto dei problemi corporativi'. Gu-
stavo Del Vecchio, nella sua risposta all'inchiesta di