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rio : era quindi necessario, innanzitutto, che si unificasse il mercato nazionale. Questo obiettivo richiedeva due condizioni imprescindibili : una adeguata politica nel settore ferroviario e l’unificazione doganale, che avrebbe abolito le numerose barriere le quali rendevano diffìcili e complicati gli scambi commerciali tra le diverse regioni.
      Tanto sentita era questa esigenza, che la si volle soddisfare prima ancora dell’unificazione, quasi quale garanzia che il Piemonte dava di assumersi il carico della costruzione dell’unità politica e amministrativa (15).
      L’unificazione doganale significava estendere a tutto il territorio nazionale la tariffa sarda, improntata ai principi liberisti dominanti all’epoca (16).
      Con questa operazione l’Italia si allineava alla prevalente tendenza liberista adottata da tutti i paesi europei: del resto l’asserzione ricardiana per cui ogni nazione deve specializzarsi nei settori in cui riesce a produrre a prezzi interni relativamente più bassi, e scambiare le merci così prodotte con altre nazioni, specializzate in altri settori, per ottenere ciò di cui ha bisogno, sembrava la soluzione ideale per mettere a frutto le modeste possibilità dell’economia italiana.
      Ma queste possibilità non erano né omogenee né legate soltanto alle risorse naturali (17) : è noto che la tariffa sarda era quella più mite fra le innumerevoli adottate dagli stati preunitari. A parte
      (15)       L’unificazione doganale precedette le annessioni; queste le date: 9 luglio 1859 per la Lombardia; 10 ottobre 1859 per Parma, Modena e la Romagna; 10 ottobre 1860 per l’Umbria; 31 ottobre 1860 per le Marche; 1 gennaio 1861 per la Sicilia.
      (16)       Cosi la descrisse il Sella: «Il sistema della tariffa sarda si può riassumere nei seguenti tratti generali : esclusione di ogni intento di protezione; dazi di importazione a peso o a misura, ma ragguagliati tutt’al più al 10 % del valore, fatta soltanto eccezione per alcuni articoli come i coloniali ; esenzione da dazi sull’importazione di materie prime, ivi compresi i cereali ; esenzione quasi totale da dazi di esportazione », in Atti Parlamentari -Discussioni della Camera, tornata del 24 maggio 1866.
      (17)       B. Caizzi, Storia economica, Torino, 1962, p. 259: «Si poteva, è vero, invocare l’esperienza del Piemonte che proprio nel decennio 1850-1859’ in cui Cavour aveva abbassato la tariffa e negoziato una serie di trattati liberisti era giunto a rafforzare le proprie strutture economiche, ma andava anche detto che il paragone reggeva soltanto fino ad un certo punto per le assai mutate circostanze storiche; il Piemonte era piccolo, ma compatto, relativamente evoluto, e del resto, Cavour, attraverso le concessioni doganali aveva mirato ad attirare simpatie e consensi al suo paese proprio in vista di una futura grande azione politica e militare; ora si trattava invece di trattare con maggior prudenza l’arma tariffaria, di andare oltre gli indugi della diplomazia e di gettare le basi di uno sviluppo duraturo dell’economia nazionale».