INTRODUZIONE 10 strutture didattiche e di ricerca del Politecnico, con al loro cuore il Corso di Laurea in Ingegneria dell’Autoveicolo, e dal Centro del Design, destinati a coniugarsi naturalmente con le attività business oriented. Di qui potrà prendere forma una piattaforma della mobilità intelligente, che rappresenta il secondo elemento di contatto tra la Fiat e le altre imprese. Si tratta evidentemente di una convergenza da attuarsi all’insegna della cultura produttiva dell’autoveicolo. Ma è quest’ultima una cultura, che, se può essere vista come una koiné e un fattore di coesione, non esercita una valenza limitativa nei confronti di alcun soggetto. Non per la Fiat, che realizza il suo ciclo su scala mondiale, disponendo la propria catena organizzativa su una gamma continentale e di alleanze estremamente ampia. Ma soprattutto non per le altre attività che utilizzeranno il bacino di competenze dell’area per dare luogo a un ventaglio di combinazioni e di alleanze non subordinato ad alcuna egemonia aziendale. Il design, la ricerca innovativa sulla mobilità, le politiche formative che vi si collegheranno, sono per loro natura fattori polivalenti, che possono alimentare esperienze di imprenditorialità e di organizzazione d’impresa fortemente diversificate. Università, centri di ricerca, imprese: questa la localizzazione prevista per la parte di Mirafiori che deve essere riprogettata. Ma come selezionare le imprese che dovranno collocarsi in questo schema? Se gli incentivi alla localizzazione non sono quelli classici, ma vanno identificati nei vantaggi assicurati da una stretta contiguità col sistema formativo politecnico, quali sono i criteri che possono aiutare a individuare la tipologia d’impresa corrispondente alle finalità per cui è stata lanciata l’operazione su Mirafiori? Il distretto possiede una manifesta vocazione automobilistica, che però non può essere sufficiente a caratterizzare la selezione delle attività d’impresa. Non lo può anzitutto perché la stessa piattaforma della mobilità intelligente è certamente qualcosa di più ampio, per i saperi che ingloba, del sistema tradizionale dell’auto. In tale piattaforma rientrano approcci tecnologici e progettuali che vanno al di là del sapere codificato dall’industria dell’auto. In secondo luogo, la specializzazione automotive non può diventare una barriera all’entrata che impedisca di usare le risorse dell’area per la promozione e l’espansione di imprese innovative che racchiudano in sé un alto potenziale di sviluppo. Le imprese più facilmente integrabili nello schema di sviluppo dell’area sono quelle che si distinguono essenzialmente sotto due punti di vista: un investimento nelle funzioni di R&D più elevato della media del settore di appartenenza; un investimento nel capitale umano che risulti in linea col tentativo di arricchire il sistema aziendale delle competenze in modo di farne la base della politica d’innovazione a livello d’impresa. Questi due criteri, sebbene piuttosto laschi, consentono di operare una prima selezione delle imprese che ne coglie l’attitudine a rientrare in una politica di cluster. A condizione, naturalmente, di non separarli l’uno dall’altro: la quota dell’investimento in R&D quasi mai si rivela come un indicatore di per sé sufficiente a segnalare il reale orientamento all’innovazione, qualora non sia connesso ad altri indicatori. Fra questi, uno dei più significativi rimanda alla politica del capitale umano: un’impresa che tende a una costante elevazione della qualità tecnica e professionale del proprio personale e che, soprattutto, ne facilita l’upgrading anche attraverso l’iniziativa individuale (per esempio il conseguimento della laurea breve da parte dei diplomati) o una politica formativa molto mirata, è un soggetto che scommette sullo sviluppo della capacità innovativa, al di là delle oscillazioni che l’investimento in R&D subisce a seguito delle congiunture aziendali. Altri elementi che devono essere tenuti in considerazione riguardano le reti di partnership o di connessione in cui un’impresa è inserita, che formano un effettivo banco di prova quanto al suo grado di apertura internazionale; la capacità di stringere rapporti di cooperazione con l’università, relativamente alla promozione di progetti comuni di ricerca, magari in sinergia con altre imprese; il profilo del suo management; il rapporto