20 Corte, i balletti, i divertimenti, i concerti che si davano a palazzo; i musicisti della Cappella (che soltanto raramente appaiono nei conti), che si dedicavano alle cerimonie religiose riunendosi a quelli della cattedrale nelle occasioni più importanti. 11 duca conserva, in linea di massima, la stessa ripartizione di compiti, ma i musicisti del Cabinet Français non sono più considerati in servizio ufficiale di Corte (restano legati al servizio personale di Madama Reale) e sono sostituiti dai Musici Armonici che rappresentano la concessione del duca al gusto italiano. I Musici Armonici sono in realtà dei castrati e, come ogni principe che si rispetta (Luigi XIV ebbe parecchi castrati nel suo Cabinet Italien), anche Carlo Emanuele II deve poter disporre di queste voci tanto apprezzate. Citiamo, tra questi primi cantanti, Giuseppe Chiarini (che si ritroverà nel Cabinet Italien di Luigi XIV), Marc-Antonio Brocchi e Antonio Agnadini. 1 Musici della Camera sono tutti strumentisti: dieci violini e un basso (Lorenzo Somis). Nel 1663 fanno la loro comparsa i Musici strumentisti di Camera (primo passo verso la riforma del 1672) e il duca dispone allora di una ventina di strumenti e di una decina di cantanti.Si tratta ancora di una formazione piuttosto ridotta cui si aggiungeranno ufficialmente due voci femminili: la contessa Catterina Canossa e Felice Brocchi. Dobbiamo segnalare che di voci femminili non ne saranno impiegate mai più di quattro o cinque nel servizio ufficiale. Si tratta di un fatto normale in quel tempo; anche alla Corte di Francia era difficile ad una donna riuscire ad ottenere un incarico nella musica. Occorrerà attendere la fine del secolo e la voga del teatro d’opera perchè le cantanti possano integrarsi in modo abituale nei complessi di corte. Fino al 1672 dunque, la situazione della musica alla Corte di Torino appare piuttosto rudimentale nelle sue strutture; e la cosa non è gradita a Carlo Emanuele II, grande ammiratore del re Sole e desideroso di ricreare a Torino l’ambiente musicale di Versailles. Per raggiungere il suo scopo, egli riorganizza dalle basi i vari corpi musicali facendo scomparire alcuni' degli appellativi un po’... semplicisti che abbiamo citato ed affida al maestro di cappella, Giovanni Battista Trabatto- ne, la responsabilità della Cappella e della Camera; tuttavia, in que-st’ultima, isola i violinisti che organizza in “Banda” sul modello della Bande des 24 violons di Luigi XIV. Anche Torino avrà dunque, nel 1677, la sua “Banda dei 24 violini” o meglio, per la precisione, 22 violini, più una tiorba e un basso. L’organismo è affidato ad un maestro di origine francese, Paul de La Pierre, che lo dirigerà fino al 1689, partecipando a tutte le creazioni di quegli anni sia come violinista e direttore d’orchestra che come ballerino e coreografo insieme con il figlio Paul, de La Pierre junior. Nel 1682, ha luogo una ulteriore riforma dovuta a Maria Giovanna Battista e a Vittorio Amedeo II: la creazione ufficiale della musica della Scuderia. È da sottolineare l’attributo “ufficiale” perchè è evidente che tali musicisti esistevano già, nella prassi, da molto tempo (abbiamo riscontrato i musicisti della Cittadella, loro antecessori, sotto Emanuele Filiberto); ciò che mancava era una organizzazione, delle regole, uno statuto; questi elementi furono precisati nel 1682. Furono chiamati musicisti della Scuderia o genti di Livrea; comprendevano due trombe, un oboe, un timpanista. Rapidamente questo embrione si sviluppò; Vittorio Amedeo II aggiunse altre due trombe nel 1690 e, nel 1694, sette oboi. Nel 1695 la Scuderia conterà 12 strumentisti e occorre sottolineare l’importanza assunta dalla musica a Torino verso la fine del secolo: 2 maestri di cappella fino al 1681, 49 musicisti nel 1689, un maestro di musica per Madama Reale e, fino al 1689, un capo per la “Banda” dei violini. violoncelli e violini In quest’ultimo complesso, accanto alle dinastie francesi dei de La Pierre e dei Farinel, si incontrano i Somis tra i quali il giovane Giovanni Battista alle prime esperienze. È il momento del grande sviluppo violinistico in Italia; Corelli ha fondato una scuola nella quale Somis si perfezionerà e la sonata incomincia a conquistare l’Europa. È logico pensare che, almeno nella maggior parte, i violinisti fossero pure compositori (il fatto era norma quasi generale in quel tempo); purtroppo bisognerà attendere Giovanni Battista e Lorenzo Somis per conoscere lo stile di questa scuola piemontese. Ci restano soltanto al- cune sonate dei primi violoncellisti che possono essere considerati iniziatori della scuola violoncellistica piemontese: Angelo Maria Fiorè e il figlio Andrea Stefano. Quest’ultimo fu l’autore, all’età di 13 anni, di una raccolta di sonate da chiesa dedicate a Vittorio Amedeo II (1699) nella quale le sonate sono trattate nello stile classico della suite. Il ruolo di questa scuola è ancora oggi misconosciuto e troppo spesso si dimentica che Torino fu, insieme con Venezia, tra i primi centri musicali a tenere a battesimo il nuovo strumento che ebbe immediata diffusione. Poco più tardi, intorno al 1727-1728, arriva a Torino Salvatore Lancetti, autore di numerose sonate e concerti, primo violoncellista della Cappella Reale e del Teatro Regio, virtuoso applaudito non solo in Italia, ma a Parigi e a Londra. Abbiamo appena nominato Fiorè, Somis e Lancetti; occorre aggiungere il celebre liutista Charles Mouton, il maestro di cappella e compositore Jean-François Lallouette e, nel secolo XVIII, i Besozzi, Gaetano Pugnani e Giovanni Battista Viotti. Sono dunque rappresentati validamente il violino, il violoncello, il liuto, l’oboe e il fagotto (i Besozzi); la tromba, di antica tradizione, fu onorata nel Settecento dalla presenza del messinese Litterio Sisto che fu celebre a Parigi dove si esibì ripetutamente a Corte e ai Concerts Spirituels. Legato a Torino, Litterio Sisto lascierà, alla sua morte, la tromba d’argento al cappellano di Corte per la celebrazione di messe in suffragio della sua anima, esprimendo inoltre il desiderio di essere sepolto nella chiesa di San Francesco da Paola. Sisto faceva parte di tutto un gruppo di artisti venuti dalla Sicilia, rispondendo al desiderio del giovane re, Vittorio Amedeo li, incoronato a Palermo nel 1714. Nonostante la breve durata del regno sulla Sicilia, Vittorio Amedeo era stato impressionato dal valore degli artisti incontrati. Non è possibile evitare l’accostamento con Filippo Juvarra, nato pure a Messina nel 1678 ed al quale Torino deve alcuni tra i momenti più alti del suo volto barocco. Nel campo strettamente musicale è curioso notare che parecchi tra i suonatori di tromba della Corte, nel secolo XVIII, sono originari della Sicilia. Dopo Sisto, troviamo Gaspare Leo, nato a Bivona (morto nel 1760 a Torino), Giuseppe Ci-