La vita occorrevano sforzo e concentrazione, ma da un dato momento in poi la mano ha iniziato a procedere leggera e spedita, e questo è sicuramente mestiere, ma un mestiere della mano e dello spirito. Io sono convinto che se un artista di talento lavora bene e si impegna per anni nel cercare la propria strada, a un certo punto il suo passo diventa agile, leggero e veloce. Mi creda, di queste cose io me ne intendo abbastanza e nelle Sue ultime opere riconosco quell'agilità, prontezza e felicità di gesto che sanno andare dritto allo scopo. Può darsi che sia così, ma al di là della mia condizione personale c'è un problema più vasto che investe il tempo in cui viviamo. Sono fermamente convinta che ci troviamo ora in un periodo di nuovo arcaismo. Abbiamo dissolto la materia sonora della quale ci siamo serviti per tanto tempo, abbiamo dissolto le strutture per scendere in una nuova profondità e ora ci troviamo in uno spazio completamente oscuro e sconosciuto per ogni artista. Per questo mi è tanto vicina la tendenza di Luigi Nono a prendere le idee da quegli spazi dissolti, a far vivere le pause del suo Quartetto, a usarle per costruire un tempio fatto di silenzi. E in questo lavoro di costruzione secondo me il mezzo più adatto è il simbolo, quel simbolo che è appunto la caratteristica maggiore di ogni arte arcaica. Sono materiali antichi, di sempre, usati quotidianamente e banalmente nella musica, ma divelti dai contesti di cui fecero parte e che ora possono venire impiegati con un valore simbolico. Così è per le pause nel Quartetto di Luigi Nono, così è per i pizzicati nel mio Quartetto n. 3, dove tutta l'energia si concentra nelle dita che pizzicano la corda fino al punto estremo della sopportazione e solo in quel momento i quattro esecutori tornano a suonare con l'arco. I pizzicati, i suoni armonici, i glissandi non sono più evidentemente variazioni di colore, ma simboli che alludono a una diversa condizione sonora. Nel 1987 oltre al Quartetto di cui si è parlato Lei ha composto anche un ottetto per soprano e otto strumenti intitolato Omaggio a T. S. Eliot su invito di Gidon Kremer. Il testo che viene cantato in quest'opera lo ha preso dai Four quartets di Eliot, che notoriamente presentano strutture musicali. Quei versi Eliot li scrisse tra il 1935 e il 1941, in un momento molto amaro e oscuro; l'avvento delle dittature e il trionfo dell'irrazionalità stavano a dimostrare la sconfitta della civiltà e il fallimento della cultura e attraverso questa delusione si fa strada la riscoperta dei valori della trascendenza. Io so che la lettura di quei versi di Eliot ha prodotto su di Lei una profonda impressione, conosco anche una Sua affermazione al riguardo che mi permetto di citarLe: «Il numero quattro vi svolge un ruolo importante; le quattro stagioni, le quattro fasi della vita umana, e anche la realtà temporale si può articolare in quattro momenti: presente, passato, futuro, dove il quarto momento potrebbe essere l'eterna possibilità oppure la rimozione del tempo [...] L'espiazione è possibile soltanto in questa rimozione del tempo». Io 87