Ligeti Si potrebbe pensare di trovarsi in un punto chiave; nel trattamento del materiale non è cosi, ma il significato è questo. Ligeti ammette di aver pensato per questo passaggio a un tuffo nel Tartaro. Sul suono, arrestatosi nei registri bassi, comincia ora il canone a 56 voci di cui abbiamo già parlato. Si prepara ora l’imbuto, il graduale restringimento della banda di frequenza. Questo momento fa pensare all’inizio di un «Dies irae». Dopo il superamento della ‘porta stretta’, dopo una breve apparente pausa, risuona il «Tuba mirum». Questo effetto è dovuto alla concentrazione di tutti gli ottoni. Particolarmente cupo e fatale, e nello stesso tempo associabile ad una mirabile attesa della redenzione, è l’impasto sonoro di quattro trombe al registro più basso, una combinazione timbrica che si può considerare nuova. Poco dopo (batt. 69-74) la tessitura del cluster cromatico si stempera in un cluster diatonico. Si tratta di una traduzione materiale della conciliazione che segue il momento più terrificante: «Agnus Dei, dona eis requiem». Si fanno strada sempre più numerosi riferimenti materiali: cosi ad esempio lo stesso suono statico del cluster con cui si inizia il pezzo ricorda un lontano mormorio di requiem aeternam; la ‘porta stretta’ del restringimento della banda di frequenza, oltre la quale non regna più alcuna paura, potrebbe essere intesa come «Lacrimosa». Nella valutazione di questi momenti associativi bisogna tener presente che le emozioni immediate sono sempre viste da una certa distanza. Se si osserva il pezzo da lontano, non ci si lascia infiammare dall’entusiasmo. Anche se si tiene una lente di ingrandimento, fosse anche un microscopio, sul tessuto sonoro, tra l’oggetto e l’osservatore resta pur sempre la barriera della lente. La posizione formale di Atmosphères è fissata con precisione dalla mancanza di vere e proprie strutture musicali. Tendenze che si trovano in certi pezzi di Edgard Varèse, ma soprattutto nel Klang-farbenstiick op. 16 di Schoenberg e in tutte le fasi creative di Debussy, sono state fatte convergere su un obiettivo talmente circo-scritto che in ciò si può vedere senz’altro un momento valutativo. Lo smantellamento della struttura esterna della musica e della fatalità propria dell’elemento ornamentale è riuscito. Gli elementi introdotti unicamente come materiali formano una totalità. Il compositore mantiene il controllo su di essi con sorprendente abilità. L’unica dimensione che egli accetta come data è la scelta dei suoni che vengono raggruppati nel cluster. Ligeti ha scelto, coerentemente all’orchestra tradizionale, la scala cromatica temperata di 12 suoni. Il cluster che deriva dalla simultaneità di questo cromatismo è solo una delle molte possibilità di produrre un cluster statico. Non è affatto necessario infatti che le fibre del tessuto sonoro siano costituite da semitoni, potrebbero essere anche quarti e terzi di tono oppure 80