Il linguaggio musicale aveva tenuto rigorosamente sottochiave le composizioni giovanili del periodo ungherese, a partire dal 1968 ha cominciato a pubblicare e a far eseguire isolatamente lavori precedenti, ad esempio il primo Quartetto per archi Métamorphoses nocturnes e le Sechs Bagatellen für Bläserquintett del 1953, inoltre alcune danze, pezzi per pianoforte e soprattutto pezzi per coro a cappella che costituiscono la parte piu consistente di questa produzione giovanile. Un riflesso di questo recupero via via piu intenso della propria storia precedente si manifesta, ancora più chiaramente che nei pezzi per cembalo e nel trio per corno, nelle composizioni corali dell’ultimo periodo. Un concerto celebrativo che il Süddeutscher Rundfunk di Stoccarda ha organizzato nel maggio 1983 per i sessanta anni di Ligeti ha fornito un sorprendente panorama di questi ampi legami, mettendo a confronto cori a cappella del maestro ventitreenne e sessantenne. Magàny (Solitudine), su una poesia del «poeta realista» ungherese Sändor Weöres, composta nel novembre 1946, ancora durante il periodo degli studi di Ligeti a Budapest, intreccia tratti dell’arte madrigalistica rinascimentale italiana e della parafrasi bartókiana del canto popolare, in un’atmosfera vocale di grande spessore ed espressività. E come qui la prospettiva si proietta su futuri mondi della vicenda compositiva di Ligeti, nello stile cosi chiaramente conciso e sottilmente senile dei Magyar Etüdök (Studi magiari) del 1983, nuovamente su testi di Weöres, si delinea un carattere incontrovertibilmente retrospettivo, quasi nostalgico, un rivolgersi all’ispirazione linguistico-musicale degli anni giovanili, essenziali dal punto di vista formativo. Ai due Magyar Etüdök eseguiti per la prima volta a Stoccarda si sono aggiunte nel frattempo parecchie di queste miniature da cui dovrà essere ricavato un intero ciclo. Un altro ciclo corale - appunto quelle tre Hölderlin-Phantasien di cui tratta il saggio che segue - è stato eseguito nel settembre 1983 dal coro della radio svedese e anche quest’opera è da considerarsi un omaggio alla tradizione magiara del coro a cappella - tradizione come sempre spezzata, filtrata e prospetticamente spostata - anche se legata a modelli della produzione piu tarda di Ligeti, ad esempio Lux aeterna del 1961. Attualmente l’attenzione di Ligeti si orienta sulla seconda opera lirica destinata all’Inghilterra, un’opera tratta dalla Tempesta di Shakespeare, il cui libretto viene preparato per il compositore dallo scrittore Geoffrey Skelton. «L’originale shakespeariano non viene minimamente mutato nel contenuto, solo notevolmente abbreviato e concentrato. Non ho in mente un’opera in senso tradizionale, piuttosto una specie di spettacolo magico [...] una musica che fluisce magicamente, che sgorga direttamente dal mondo incantato di Prospero e Ariel. E devo aggiungere questo: ora ho 60 anni e credo di non avere un cattivo 49