Le opere
ti...)» 22. Nono, qui, va oltre la conosciuta posizione sulla tecnica. Il nodo maturato è ora Inattualità». Ma ciò che per Nono non è l’attualità corrisponde ora (è andato maturando) a ciò che per lui è 1’«attualità», partecipazione, intervento. Ed è questa attualità a esigere una tecnica agile, mobile, che consenta di intervenire, di partecipare: la tecnica di quella specie di comporre “in tempo reale”, organica dunque all’impegno ideologico, che Nono ha praticato nella Floresta. Nella Floresta infatti, Nono ha lavorato direttamente - ha composto direttamente - sulle voci, sul clarinetto, sulle lastre, come sul nastro magnetico, cosi che ogni materiale impiegato, elettronico e concreto, strumentale e vocale, era direttamente il frutto della ricerca tecnica sul fenomeno acustico e sulla sua organizzazione nello spazio, di cui appunto casse e soprattutto microfoni sono diventati mezzi essenziali, formativi di un linguaggio che Nono progettava e creava ricercando con gli esecutori, istruendoli, imparando dalle loro possibilità, realizzando il “possibile” acustico “necessario” al suo progetto compositivo che alla fine soltanto l’esecutore era però in grado di realizzare. L’esecutore, fra l’altro, si riferiva, cosi, più al lavoro comune con il compositore, che non ai pochi segni convenzionali, per cui è difficile parlare di scrittura o di particolare grafia musicale. Al contrario, anche perciò vale il richiamo al comporre “in tempo reale”; perché è comunque con e nella Floresta, nella sua prassi creativa, che Nono si pone il problema, e come problema di impegno ideologico, di formare, mentre suona, il fenomeno acustico, sonoro, e cioè il pezzo, la sua forma comunicante. D’altra parte nella Floresta l’esecutore non si sostituiva al compositore, come nell’opera aperta allora in auge; anzi il compositore si riconosceva pienamente nell’esecuzione, che realizzava il suo progetto, l’esito da lui previsto.
   E consideriamo anche soltanto le voci, globalmente, come sono elaborate. È un aspetto che fra l’altro mette definitivamente, e utilmente, a nudo il carattere burocratico della critica di Stockhausen al rapporto parola-musica nel Canto sospeso. Stockhausen accusò Nono di rendere incomprensibile, con la sua scomposizione fonetica, le parole (il testo) cui affidava significati validi soltanto se fossero state comprese 23. Sennonché nemmeno la sapienza di analisi di cui disponeva impedì a Stockhausen di condurre a Nono la stessa critica che gli portava la burocrazia del potere culturale borghese, burocraticamente dedita a omologare gli ascolti e le intelligenze per negare ai suoi testi, alle sue parole, alla sua musica, legittimità e cittadinanza. Il pericolo, in realtà, era musicale, e perciò era utile ricordare la polemica, essa si coscientemente scadente, del massimo esponente di Darmstadt; perché perfino una mente acuta come quella di Stockhausen non capi ciò che (gli) era “ideologicamente” inammissibile capire, ciò che (cosi) andava negato, anzi represso: ciò che accadeva. Accadeva che Nono portava molto avanti, rispetto al Canto sospeso, e mediante la tecnica elettrica “inventata”, la critica sonora, acustica, alla parola, in quanto parola in cui si sono reificati piu significati, compreso quello, decisivo, della sua utilizzazione acustica (culturale, sociale), di come (socialmente, culturalmente) suona, viene usata. A questi livelli infatti avvengono le mistificazioni, i testi finiscono alienati; e la musica, incapace di critica, ne enfatizza la falsificazione. Ma appunto Nono lavora prima di tutto, musicalmente, su questo terreno
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