Le opere

         zione spontanea di un inciso ritmico ricorrente, mentre i molteplici elementi del discorso, attivati da artificiosi procedimenti contrappuntistici, si intersecano per dare vita ad un dinamico collage, culminante in una sorta di stretto degli ottoni. Predisposta da un calo di tensione sonora ed agogica, la ripresa inverte e ravvicina le entrate corali senza sostanziali modifiche, sfumando in armonie serene ed estatiche. Di gran lunga più elaborata è la scrittura orchestrale del Ciclone in Toscana, ispirato ad un umoristico divertissement tratto dalle Poesie di Ernesto Ragazzoni, poeta ostiense che trova non poche risonanze nella personalità artistica ed umana di Petrassi. Tra diafani tremoli al ponticello i bassi del coro cantillano il testo monocorde su un’unica nota, sottolineando appena con madrigalistiche anafore il termine “greve”. Tale schema viene riproposto in fasi successive anche dagli altri registri vocali, finché la stessa strumentazione risulta sensibilmente ispessita da agili passaggi ben divisi tra gli archi, da figurazioni puramente decorative dei legni o da soluzioni di particolare effetto timbrico. Sovente il sostegno alle parti corali non è dato da un semplicistico raddoppio strumentale, bensì da motivi autonomi che coincidono occasionalmente, ma utilmente, col canto. Non mancano agili omoritmie e suoni tenuti a bocca chiusa, ove il compositore intenda sottolineare certe espressioni più significative del testo, né riferimenti ai temi introduttivi da parte dei fiati; persino il pianoforte, solitamente relegato in funzione di ripieno o di fregio adamantino, azzarda un contegno di maggior rilievo. La consueta cantillazione riprende tosto in forma accordale mentre l’orchestra recupera fluidità di movimento e ricchezza espressiva; a più riprese comici e rassegnati sospiri del coro commentano la confabulazione nevrotica dei bassi fino al collasso del movimento, cui segue un’ironica chiusa strumentale.
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