Petrassi ribattute, consentite anche nella scrittura dodecafonica rigorosa, ma «1 esistenza di certe cellule porta alla ripetizione ravvicinata di alcuni suoni della serie; è un lavoro cellulare che infrange la norma seriale; un procedimento che fa parte della mia personalità, dei miei particolari rapporti con questa tecnica». La parola «cellula» sembra infatti il termine più appropriato per descrivere il lavoro compositivo di Petrassi nello stadio maturo di strutturalismo atematico. Cellula che è generalmente centrata sopra un intervallo privilegiato per ciascun Concerto (in questo, come nel precedente e nel Quarto, si tratta per lo più della settima), intervallo sostanziato nella ricerca timbrica. A partire dal Quinto, tutti i Concerti per orchestra di Petrassi cominciano pianissimo; anzi, sarebbe più esatto dire che escono da un silenzio informe, forse accentuato, fino all’impercettibilità, dal-1 incisione grammofonica, ma utopistico anche in sede di concerto pubblico, dove gli ascoltatori si accorgono che il pezzo è cominciato per il fatto che vedono il direttore muovere la bacchetta. In questo Settimo, perduti quasi interamente, a seconda della qualità dell impianto di cui si dispone, i primi suoni isolati di strumenti gravi (clarinetto basso, fagotti e controfagotto, corni) si percepisce, dopo un confuso rullar di timpani pianissimo, una nota isolata di flauto, una discesa di tre note di contrabbasso, l’ultima delle quali, crescendo, porta a un esplosione, un fortissimo degli ottoni echeggiato dai legni. Impossibile seguire punto per punto l’atomica deflagrazione dell orchestra, ma all attenzione si impone un vocabolo petrassiano inconfondibile, quale abbiamo già trovato nel Concerto precedente, e che consiste nell oscillazione, quasi trillo lento, di bicordi dei corni, poi delle trombe, poi dei clarinetti (sopra atmosfere di note lunghe degli archi, e con sommessa punteggiatura di percussione). Questo passo, di cui il Weissmann rileva l’effetto di «trasparenza», ritornerà specialmente nell Epilogo, ed è uno di quei segnali che agiscono come veri e propri personaggi nella narrazione d’avventure intrinsecamente sonore, messa a punto dal più recente stile strumentale di Petrassi. Il trapasso dal Prologo all episodio Primo, dopo circa due minuti, è segnato con evidenza da una nota dei timpani ripetuta 14 volte crescendo fino all’entrata frastagliata degli ottoni (nell’ordine basso tuba, tromboni, trombe, corni), in cui i timpani inseriscono un programmatico intervallo di settima, insistendovi poi a ripetizione e alternandolo con 1 intervallo di nona. A questa stamburata dei timpani in primo piano gli archi, raggruppati in masse compatte come di clusters, forniscono quello che il Weissmann chiama «un alone etereo». Ed ecco di nuovo il vocabolo petrassiano rilevato poc’anzi nel 162