LUIGI EINAUDI VITICOLTORE (E) UMANISTA Alberto Giordano L’amore per la vigna, e per la terra, rappresenta una delle costanti dell’itinerario umano, ancor prima che professionale, di Luigi Einaudi. La costanza, la tenacia e il pizzico di pazzia (nel significato che egli attribuiva al termine, ossia il sostenere rischi non calcolati scommettendo sul futuro) con cui il giovane Luigi, sin dall’età di 23 anni e indebitandosi, pose le basi per la creazione di quelli che oggi sono i Poderi Einaudi ce lo confermano al di là di ogni possibile dubbio. Come raccontava il figlio Mario, in quel frangente «l’acquisto avvenne, in due vendite all’incanto, dopo sentenza del tribunale di Mondovì, il 19 agosto e il 1° dicembre [1897]. La proprietà era di circa 40 giornate piemontesi di 3810 mq., il prezzo pagato di L. 32.351, in gran parte prese a prestito». Ma ben presto seguirono numerosi altri innesti, sino a raggiungere, sempre nei calcoli di Mario, «251,5 giornate, di cui 239 nel comune di Dogliani e quasi 13 nel comune di Barolo»; e su questa ragguardevole estensione «erano insediati undici nuclei famigliari che mettevano a disposizione dell’azienda da 35 a 40 unità lavorative, tutti con contratti a mezzadria gradualmente ma non radicalmente modificati dalle nuove leggi». 1 Tuttavia l’attività di Einaudi viticoltore, o meglio, imprenditore vitivinicolo, non costituisce solo un capitolo, certo importante, del suo percorso di vita. La sua sensibilità verso tutto ciò che riguarda l’agricoltura, l’ambiente e il M. EINAUDI, Luigi Einaudi agricoltore: 1897-1961, «Annali dell’Accademia di agricoltura di Torino», CXIX, 1977, pp. 11, 13, 17. 1 2