30 no alcune convergenze significative. In primo luogo mi sembra si sia fatta strada la consapevolezza che, in una situazione di risorse scarse (e in particolare di risorse pubbliche scarse) quale è quella che ha caratterizzato nell’ultimo decennio i sistemi economici maturi, è necessario che si formulino con maggiore accuratezza le strategie sulla loro migliore allocazione: e in particolare sulla loro migliore allocazione spaziale, poiché le stesse risorse, diversamente localizzate, possono produrre risultati assai differenti in termini di efficacia economica e sociale. Assumono di conseguenza nuovo peso gli obiettivi qualitativi che devono connotare una politica di rivitalizzazione metropolitana e che possono essere definiti soltanto sulla base di una preliminare analisi sulle potenzialità e quindi le condizioni per il rilancio delle città (Gibel-li, 1986a). Questa consapevolezza si costruisce su due principali gruppi di ragionamenti: il primo è che molte politiche urbane si sono rivelate inadeguate, quando non controproducenti, poiché sono state protratte ben al di là della soglia temporale di permanenza dei problemi per cui erano state approntate; il secondo, più importante per avviare una riflessione sulle nuove politiche a scala metropolitana, è che già nella fase presente sintomi di nuova vitalità provocata dall’onda di sviluppo delle nuove tecnologie elettronico-informatiche rischiano di essere sottovalutati o compromessi se non si adottano nuovi schemi interpretativi e previsionali. È basandosi su queste riflessioni che vengono ad esempio effettuate ricognizioni più attente del fenomeno della deindustrializzazione non più misurata meramente attraverso l’osservazione della riduzione, spesso fisiologica, dell’occupazione e del valore aggiunto industriale delle regioni mature, ma determinabile soltanto relativizzando gli andamenti regionali a quelli medi del sistema nazionale e internazionale (Camagni e Cappellin, 1985). Ciò consente di articolare una tassonomia delle diverse situazioni di crisi a livello regionale cui possono essere associate differenti strategie di rivitalizzazione e quindi politiche regionali più pertinenti (Camagni, 1986a). A scala metropolitana si constata la inadeguatezza dei meri parametri fisici per la misurazione dei fenomeni di sviluppo e di declino (Bradbury, Downs e Small, 1982) e si comincia a ragionare sul fatto che la capacità di risposta al cambiamento dell’area metropolitana, in un’era di profonde trasformazioni tecnologiche e organizzative in cui lo sviluppo appare sempre più basato sulla qualità piuttosto che sulla quantità, sui servizi e sui beni immateriali più che sulla produzione fisica, non è automaticamente garantita (Klaas-sen, 1986). Anzi è proprio per l’assenza di politiche urbane adeguate che può continuare ad ampliarsi drammaticamente il divario temporale