a quelli, in termini di economie di scala e di intemalizzazione delle estemalità, ottenibili con la decentralizzazione del governo. In altre parole, se il problema principale del settore pubblico è quello di frenarne l’espansione, un sistema di governo molto decentralizzato, composto cioè da piccolissime unità monofunzionali finanziate con un sistema di imposte/prezzi alla Lindahl, rappresenta la soluzione migliore. Siamo qui comunque nella parte normativa della loro trattazione. Veniamo a quella positiva, tenendo presente che Brennan e Buchanan fanno una ben precisa ipotesi circa il comportamento dei politici: la massimizzazione delle entrate, appunto. Secondo la teoria normativa del federalismo fiscale, la distribuzione delle imposte fra i diversi livelli di governo deve tener conto di due fattori: la concorrenza fra i governi locali nella riduzione delle aliquote e l’esportazione delle imposte. Più precisamente, poiché il criterio guida al quale si presume sia improntata l’azione degli enti locali è quello dell’interesse pubblico, occorre evitare di assegnare loro imposte che siano passibili di concorrenza. Questa sarebbe infatti distruttiva e gli enti locali, dedicandosi ad un gioco a somma zero, si troverebbero alla fine senza di che finanziarsi. Occorre, in secondo luogo, evitare di assegnare imposte che un governo può addossare ai residenti di un altro ente, poiché è ingiusto addossare ad essi gli oneri di politiche di cui non beneficiano. Se quindi effettivamente prevale il criterio dell’interesse pubblico, dovremo attenderci che le imposte locali e l’evoluzione storica della loro attribuzione seguano effettivamente questi due criteri. Proviamo però a chiederci che cosa accade invece se i governi locali sono tanti piccoli Leviatani. E’ ovvio che, invece di farsi concorrenza, colluderanno: non abbasseranno le aliquote e cercheranno di introdurre vincoli alla mobilità. In secondo luogo, cercheranno di esportare il più possibile le imposte sui residenti di altri enti. (Questo avviene anche secondo l’ipotesi dell’interesse pubblico. Prima viene l’interesse dei propri amministrati, poi quello degli altri; a livello di decisione generale di attribuzione delle imposte, l’interesse pubblico sconsiglia di attribuire le imposte che si possono facilmente esportare). Se il ragionamento di Brennan e Buchanan tiene, dovremmo 36