tivi, ma anche in virtù di vincoli istituzionali, cioè per effetto delle strategie e delle politiche che, sia pure in forme tortuose e non sempre pienamente consapevoli, sono state messe in atto dagli attori istituzionali locali e regionali. Siamo di fronte ad un elemento, quello dei vincoli istituzionali, che comunemente si tende a sottovalutare, rispetto ad una chiave interpretativa che privilegia, nell’analisi dei mutamenti della stessa cultura imprenditoriale, i fattori endogeni di cambiamento del sistema produttivo. In realtà, almeno nel nostro caso di studio, abbiamo potuto verificare come non ci sarebbe stata alcuna evoluzione significativa delle strategie associative del mondo imprenditoriale (e quindi nessuna base reale di consenso e di partecipazione di fronte a nuovi strumenti organizzativi, come il Centro Servizi), senza un quadro normativo e legislativo dotato di poteri vincolanti e senza una costante iniziativa, da parte degli attori istituzionali e politici locali, rivolta alla ricerca di un confronto unificante con il soggetto imprenditoriale, di un interlocutore collettivo, nella definizione e nella gestione di una politica pubblica fondamentale per gli equilibri sociali ed economici del distretto conciario, come è stata ed è quella ambientale. Accanto a questo versante «politico-istituzionale» si devono certo aggiungere ragioni più interne al sistema produttivo locale. In particolare, una condizione alla base di questa più matura capacità di organizzare e rappresentare collettivamente gli interessi del mondo imprenditoriale, è data dalla maggiore articolazione di questi stessi interessi, daH’emergere cioè di importanti processi di differenziazione aH’intemo del sistema delle imprese e dal conseguente affermarsi di di più definite leadership (raccolte intorno alle associazioni, ma molto legate anche al sistema bancario locale). Un processo, questo, che probabilmente corre parallelo al formarsi di gruppi e reti di imprese più forti e dominanti, che modificano uno scenario fatto di molte piccole imprese omogenee e relativamente autonome. La nostra vicenda ci indica un particolare modello di evoluzione delle forme di rappresentanza e di associazione degli interessi imprenditoriali, in un distretto industriale «tipico»: lo schema ideal-tipico che ci pare di poter cogliere vede corrispondere ad un massimo di omogeneità e di frammentazione nel sistema delle imprese, la presenza di una cultura diffusa individualistica, sospettosa verso le forme di azione collettiva, e conseguentemente una debolezza delle forme associative e delle capacità di rappresentanza collettiva degli interessi imprenditoriali. In questo primo modello, l’integrazione della formazione sociale locale viene, per così dire, «recuperata» ad un altro li- 278