Nella tav. 1 sopra riportata, gli Swot sono classificati secondo le fonti di origine e per grado di integrazione regionale, ciò che consente la possibilità di una analisi ordinata secondo differenti letture incrociate. Nel senso delle righe, si osserva che le «fonti» degli Swot possono essere prevalentemente nazionali, prima dell’integrazione; intemazionali e locali dopo l’integrazione (cfr. anche il contributo di Laurà e Maffeo in questo stesso volume). Prima dell’integrazione le regioni di montagna alla frontiera possono godere di consistenti punti di forza in quanto «cancelli d’ingresso» (gateway) per il paese a cui esse appartengono, talvolta controbilanciati dalla debolezza di essere regioni di «barriera» tra diversità istituzionali e, alle volte, profonde disarmonie sociali, territoriali ed economiche, nonché dal fatto di essere periferiche e di possedere un basso grado di decisionalità locale. Dopo l’integrazione è invece più facile che - come fonte di Swot -prevalgano le determinanti locali e intemazionali. È infatti largo il consenso sulla tendenza ad una duplice e simultanea globalizzazione e territorializzazione dello sviluppo. Come già si è ricordato il «globale» ha bisogno del «locale» per rimanere radicato (embedded) in qualche luogo; e il locale assume la prospettiva del globale come proprio orizzonte di competitività (Granovetter, 1985; Camagni, 1991). A livello locale i soli punti di forza e di debolezza delle regioni di frontiera sono rappresentati, prima dell’integrazione, rispettivamente dall’identità e dalle risorse locali e dagli ostacoli all’accessibilità ed alla mobilità. Ma «dopo» l’integrazione le opportunità per le regioni di frontiera che siano disponibili alla cooperazione assumono grande rilevanza per la compressione (o l’eliminazione) di alcune categorie di «costi» (di duplicazione di strutture; di mancato raggiungimento di economie di scala, di scopo, di complementarietà, di mancato accordo; di programmazione avversa; di diritto di veto), nonché per la creazione di economie esterne di sistema o di networking. Altrettanto significativi possono peraltro rilevarsi i rischi per le economie locali di frontiera. In mancanza di propensione all’integrazione esse possono cadere in un forte isolamento (perché meno sostenute dagli Stati nazionali); i settori in cui sono specializzate possono risultare più sensibili alla concorrenza; possono divenire aree di transito (e non più di origine e destinazione «a fondo chiuso»); possono veder crescere i costi di transazione nell’interagire con l’esterno; possono infine essere oggetto di vera e propria «predazione» da parte di altre regioni contigue più dinamiche, come giustamente osservano Bramanti e Maggioni nel loro contributo. 35