124 IL COMMENTO catacombe modernistiche, come quelle illustrate nel Santo da Antonio Fogazzaro. Il modernismo, cacciato dalla porta, rientra dunque (e ciò è singolarmente interessante come fenomeno) dalla finestra ; non un modernismo organizzato in cenacoli ed in opere, ma glissé tra l’uno e l’altro tema di propaganda e di preparazione economica e sociale, il che anzi dimostra l’importanza del cammino percorso in poco tempo dalle dottrine tanto combattute se esse escono dall’ambito finora riservato agli studiosi ed ai ribelli, per entrare nel campo dei fedeli incondizionatamente alla Santa Sede. Notate anche il fatto che nessuno in questi Congressi si oppone a che siano spediti telegrammi al Papa e si facciano vaghe proteste di devozione; ma si insorge tenacemente non appena i più ortodossi vogliono andare troppo oltre. Tutto ciò, ripeto, è interessante come fenomeno, tanto più che in Vaticano mostrano o fanno vista di non accorgersene». Questa corrispondenza è esempio tipico del modo col quale, da cacciatori di notizie, può essere ancora sfruttato il modernismo nelle cronache, vaticane. Un piccolo spunto basta por insinuare il modernismo anche in un discorso del... comm. Pericoli; e il latente conflitto drammatico che il lettore ingenuo intravede dà alla critica un sapore di novità piccante, senza che il Vaticano che---- fa vista di non accorgersi (lontane visioni di nuovi drammi modernistici meditati in questo agguato felino) abbia ragione di allarmarsi per le divagazioni del fantasioso ufficioso. Quando non ci date notizie, bisogna bene che ce le facciamo. Modernismo in Vaticano. — Non scherziamo. In Vaticano, è vero, da Pio X all’ultimo svizzero di guardia, sono tutti pieni di sacro furore contro il modernismo, oscura minaccia che va dai flabelli alle alabarde; ma anche in quelle coscienze l’antico equilibrio di mondanità e di religione, di dominio terreno e di servizio spirituale, che costituiva il cattolicismo romano, è rotto. Lo mostra la crisi della diplomazia pontificia, della quale abbiamo fatto cenno. Questa diplomazia pontificia, che mandava preti e pastori di Cristo a corteggiare aristocratiche dame, a giuocar di sottigliezze e di astuzie con ribaldi e con favorite reali, a mercanteggiare i diritti della S. R Chiesa, e i benefici e le prebende, fu la più singolare creazione del romanismo cattolico. Nel secolo scorso la diplomazia pontificia mutò, in parte, costume, con i tempi, ma rimase l’arte di trovare abili mezzi per conciliare l’inconciliabile, fingere di ignorare, salvare il cattolicismo politico senza rinnegare troppo chiaramente il cattolici smo-religione e viceversa. Oggi il giuoco non riesce più. La fede è diventata peritosa e timida e non sa più come ingoiare certe ipocrisie che prima si chiamavano diplomazia: teme di morirne. E protesta e rimprovera e si nega. Senza malizia, e ci perdoni Merry del Val, la diplomazia vaticana potrebbe essere oggi paragonata a una casa piena di monelli dentro e assediata da monelli fuori, e nella quale una vecchia infuriata e discinta, brandendo la scopa, corre dietro all’uno e all’altro monello che la fa più grossa, senza posa. L’ultimo incidente è così narrato dalla Ragione, del 18 corrente: « I cavalieri del sovrano ordine di Malta residenti in Gerusalemme e nella Palestina, hanno preso parte a tutte le feste tedesche, che sono state quivi celebrate con grande pompa e grandissima teatralità, per ordine del grande germanizzatore di Oriente... l’imperatore Guglielmo. « Tedeschi, o amici dei Tedeschi, o comunque dipendenti dalla sezione tedesca dell’ordine di Malta, i cavalieri sono ugualmente intervenuti alla inaugurazione dell’ospizio dei deficienti, alla benedizione della chiesa cattolica della Dormitio Virginis, come alla inaugu- razione della chiesa luterana dell’Ascensione, sul monte degli Olivi... « Il programma fu disposto per modo, che i cavalieri di Malta, presenti, per necessità e per dovere, alla prima funzione, non potessero ritirarsi dalla seconda, senza fare sgarho manifesto ai principi bavaresi e ... all’imperatore tedesco. « Così è che i cavalieri di Malta presenziarono la festa inaugurale della chiesa luterana. La cosa sarebbe passata liscia e pressoché inosservata... « Nossignori: la Segreteria di Stato vaticana ha trovato modo di pigliarsela coll’ ordine di Malta, esprimendo all’alta Direzione dell’Ordine stesso rimproveri e lagnanze, ovvero, come qualcuno dice, « chiedendo ad essa spiegazioni della strano contegno ». Pare, invece, che i cavalieri di Malta del ramo tedesco e luterano abbiano assistito alla consacrazione della Chiesa cattolica ; una piccola vittoria del sincretismo religioso del sire tedesco sull’ortodossia intransigente del prigioniero Vaticano. Polemiche intorno al Sillón. — Abbiamo detto delle difficoltà e dell’intima contraddizione nella quale si dibatte il Sillón. Esso è per la Francia quello che fu per l’Italia la democrazia cristiana italiana, fra il 1899 e il 1904. Ma là fiorisce più largamente e dura più a lungo per parecchi motivi, fra i quali la maggior cultura dei giovani, in genere, la maggior ricchezza — Marc Sangnier ha de’ milioni, come è noto - e, soprattutto, la modernità di una parte del clero e dell’episcopato, nel quale sono parecchi amici del Sillón. Accennammo, tempo addietro, ad una levata di scudi di vescovi contro il Sillón, al quale molti, sapendo di far piacere a Roma, si dichiararono apertamente sfavorevoli. Ora, c’è stato un fatto inverso; con molta grazia, con molti giri di frasi, con grandi incensate a Roma ed ai venerati colleghi, parecchi vescovi, a cominciare dall’arcivescovo di Albi, mons. Mignot, si sono dichiarati favorevoli al Sillón. E la rivista che ha anche essa nome: Le Sillón, pubblica nel n. 10 aprile lettere di mons. Mignot, mons. Fuzet, un arcivescovo di Rouen (a Rouen i sillonisti hanno tenuto l’ultimo congresso) e dei vescovi di La Rochelle, Cler-mont, Nice, Versailles. Mr Fuzet ha nella sua lettera queste frasi: « C’è della gente sempre pronta a scomunicare: essi credono aver perduto la loro giornata quando non hanno scomunicato qualcuno. Questi cercatori di eresie, spesso essi stessi molto soggetti a cauzione, fanno nascere le eresie ». Il passo di mons. Mignot ha provocato subito una reazione.il card. Andrieux scrisse all’ arciv. di Albi una lettera in cui formulava alcune riserve sulla teoria e sull’opera politica del Sillón: e questi risponde con due lunghe lettere pubblicate pochi giorni addietro neWEveil democratique. Egli ha bisogno di tutta la sua abilità e sottigliezza di polemista per rispondere ad una categorica obiezione dell’Andrieux : il Sillón non si uniforma ai criteri fissati da Pio X nel motu-proprio 18 dicembre 1908. Egli non nega che questa corrispondenza non c’è (se ci fosse il movimento sillonista cesserebbe d’esser democratico e di avere qualsiasi autonomia politica dinanzi all’autorità ecclesiastica) ma si industria a mostrare, anche sulla base di altri documenti pontifici, che quel motu proprio non può essere preso troppo alla lettera : « La giurisdizione ecclesiastica nella sua triplice forma di iniziativa, di direzione e di repressione, è spinta fino alle estreme manifestazioni dell’attività sociale, nel concetto dell’azione popolare cristiana tale quale l’ha esposto Pio X dopo Leone XIII nel motu proprio del 18 dicembre 1903; ma, per quanto estesa sia l’autorità della Chiesa in questa materia, essa non può essere di tale natura, nè esercitarsi in tale maniera che possa riuscire ad assorbire la società civile