IL COMMENTO 139 Bene onora oggi la Norvegia nel pensatore il suo apostolo, l’apostolo di una azione che, convien ripeterlo, fu sovratutto civica, intesa ad assoggettar ad ogni istante il presente alle forze della terra, alle forze della luce - e a preparare ad esse le vie del futuro. Se il mausoleo di Bjoernson deve recare una epigrafe, sia adunque questa il motto che egli scrisse un giorno, e che pensò, che sentì, che visse sempre : « Meta dello scrittore è di cooperar al trionfo delle più nobili forze, nella lotta per il più nobile bene ». Arnaldo Cervesato. NOTE POLITICHE 1. — Il caso Salvemini. Giova parlarne ancora, dopo il molto parlare che se ne è fatto alla data della singolare elezione e a pena fu certo il ritiro del Salvemini dalla lotta? Giova forse, per trarre dal caso particolare una conclusione, non priva di interesse, intorno alle maniere di combattere l’immoralità nella nostra vita pubblica. I fatti sono noti. Nelle elezioni del 3 marzo 1909 nel collegio di Albano fu proclamato eletto l’onorevole Borghese ; ma tante e così evidenti furono le prove di pastette, consumate dall’una parte e dall’altra, che la elezione fu annullata. Nuova elezione, nuove pastette, nuovo annullamento. Il fatto è che alcuni grossi comuni del collegio, ostilissimi al Valenzani, sapendo che la differenza di voti, in lotta normale, per l’uno e l’altro candidato, sarebbe di poco e che i partigiani del Valenzani non rifuggono da mezzi poco corretti per conquistare votanti e modificare il « responso » delle urne, sono risoluti a non lasciar passare il Valenzani: e manovrano così bene che il Valenzani non passa. Alla terza elezione, l’on. Borghese si ritira, per non dare il suo nome a una lotta siffatta. L’accordo dei popolari, comprendente radicali, repubblicani, socialisti e Lega d. n., minaccia di spezzarsi. I repubblicani insistono per la candidatura di uno dei loro, che è del collegio, dove ha molte aderenze; i radicali nicchiano; i socialistiche sono, nell’accordo, il gruppo di gran lunga più numeroso, chiedono che il candidato sia del loro partito; i nostri amici persuasi che quest’ultimo desiderio è legittimo e che la lotta per una candidatura locale rinnoverebbe tutti i vizi delle precedenti e che, in fine, era innanzi tutto necessario romper la tradizione e creare alla nuova elezione un ambiente più sereno, propongono Gaetano Salvemini. I cattolici portano un loro candidato, il conte Soderini. La lotta è, sino alla prima votazione, larga e serena. 1 due nuovi candidati danno esempi reciproci di cortesia cavalleresca e si industriano per assicurare la correttezza dei seggi e dello scrutinio. Ma essi non riescono a far breccia nel blocco Va-lenzaniano, coalizione di interessi, alla quale appartengono anche parecchi del clero ; e il Salvemini entra in ballottaggio. Nello svolgersi della preparazione nella settimana di ballottaggio, il Salvemini vede le ragioni della sua lotta e il significato del suo nome sopraffatti, in qualche modo, dalle vecchie ragioni di ripugnanza pel Valenzani e di volontà di vincere a tutti i costi; e ricomporsi la vecchia coalizione, che si strinse due volte intorno al Borghese e che vorrà tentar di vincere con i mezzi noti. E il sabato mattina, dopo un ultimo tentativo di avere affidamento, dai ca,pi, della maggiore correttezza, e raggiunta la persuasione che l’affidamento vacilla e non sarebbe stato rispettato da parecchi che non l’avevano personalmeute assunto, lascia il collegio e comunica ai giornali di Roma le sue dimissioni da candidato. I nostri amici apprezzarono certo le ragioni dello sdegnoso rifiuto, eloquentemente esposto dal Salve-mini stesso e da altri nelle vivacissime polemiche di quei giorni. Poiché la candidatura era stata offerta al Salvemini per moralizzare la lotta, e per questo egli la aveva accettata, egli potè sentirsi vinto, senz’altro, nell’ora stessa in cui acquistò la certezza che parte di suoi si sarebbero serviti del suo nome per tentare di vincere comunque : e questa sconfitta non solo annullava il valore di una eventuale vittoria elettorale, ma minacciava di travolgere moralmente lo stesso Salvemini, fustigatore generoso e veemente di ogni immoralità politica. E pure l’amico nostro ebbe un torto ; il torto di considerarsi giudice unico ed arbitro del suo ritiro. Egli aveva dato il suo nome, per la lotta, a un partito elettorale ; e non poteva ritirarlo che o quando al partito medesimo, nel suo insieme, gli fosse stato possibile rinfacciare una rottura formale dei patti o quando il sacrificio della sua dignità e della ragione d’essere della sua partecipazione alla lotta fosse stato, senza quel ritiro, inevitabile. Ora nèl’una. nè l’altra condizione s’era verificata quando nelle prime ore del pomeriggio il Salvemini piantò in asso il collegio ed i suoi elettori ; molti lottavano ancora con fede per lui; molto si sarebbe ancora potuto fare, secondo gli accordi presi, per evitare le pastette. La lotta, impegnata oramai nel seno stesso della parte Salvemini, fra quelli che volevano salvo il valore ideale di essa e quelli che volevano vincere a ogni costo si sarebbe potuta svolgere ancora per un giorno : e il Salvemini era in tempo a salvare la sua dignità sino a quando le prime infrazioni alla correttezza politica fossero state direttamente constatate. Noi non siamo dell’avviso del Ciotti, il segretario del partito socialista, il quale diceva che, anche eletto con mezzi in parte dubbi, il Salvemini poteva tenere il mandato e giovarsene per continuare la sua campagna, dovendosi in questa procedere quasi per gradi ; ma pensiamo che, quando si scende sul terreno della vita pubblica, le rivendicazioni ideali subiscono limitazioni dalle quali è impossibile prescindere : limitazioni, intendiamoci, e non negazioni, poiché a queste è doveroso sottrarsi, anche a costo di rimanere nel campo della propaganda generica, all’infuori della politica elettorale spicciola ed immediata. Poche volte e in pochi collegi l’impeto di una riscossa morale può esser tale da trasfigurare intieramente una lotta; e questo, che in altri collegi è stata possibile, in Albano non era, nè si doveva ritenere possibile. Dunque : o non accettare la lotta, e, per questo, bastava forse ritirarsi subito dopo la prima votazione, o, partito migliore, andar sino in fondo. Se, la sera del sabato, l’amico Salvemini, nel col-