Le Forche Caudine
losofia del diritto e sulle Due Scuole in Economia, e panni degno di poema non che di ritratti fatti in casa. Egli è una pagina vivente della civiltà italiana.
    Ma quel ciuffetto ribaldo, che titolo possedeva a farsi ritrarre in olio dal gentile pennello della sicula industre?
    Forse quel titolo, che ebbe Cesare Borgia a farsi fare il ritratto da Raffaele?
    Il Duca Valentino mi ìicorda il suo padre degnissimo, che sul Re Travicello al Baccelli osai paragonare, avendo l’occhio non alla politica accortezza non paragonabile di entrambi, ma a questo ritratto che ne lascia Francesco Guicciardini, e che cito a memoria, per debito scrupoloso di fedeltà:
    “ In Alessandro sesto fu solerzia e sagacità sin-“ golare, consiglio eccellente, efficacia a persuadere
*  meravigliosa, e a tutte le faccende gravi sollecitu-‘ dine e destrezza incredibile. Ma erano queste virtù
*  avanzate di grande intervallo dai vizi ; costumi “ oscenissimi, non sincerità, non vergogna, non ve-“ rità, non fede, non religione : avarizia insaziabile,
*  ambizione immoderata, crudeltà più che barbara,
*  e ardentissima cupidità di esaltare in qualunque “ modoi figliuoli, i quali erano molti.» La copia non combacia in ogni punto col cattivo originale, ma qualche tratto di rassomiglianza fra l’uno e l’altra ci corre!
    L’Italia, o Procuratore del Re che mi leggi cogli occhi più spalancati di un bove, che viene trascinato al macello e guata la mazza ferrea destinata ad atterrarlo, l’Italia, dopo avere visto un Medico di Casa Cerroni al fianco di Umberto, come capo degli Educatori, — pub prepararsi e rassegnarsi a ridere di molte cose, che ancora non sono seguite !
    Posso, o Procuratore del Re, configurare una j ipotesi non degna di riso, nè di pietà. L'ipotesi è la j seguente :
    Un bel giorno l’Italia si desta e legge nel Popolo ! Romano, organo speciale del Capo degli Educatori | e della Moralità di Stradella, queste quattro righe : nelle Ultime Notizie :
    “ Ieri S. M. la Regina ha ricevuto in udienza par- !
*  ticolare la signora Caccia, moglie di S. E. il Pre- j 4 sidente del Senato. Il colloquio fu commovente e : “. prolungossi per lo spazio di un’ora. S. M. l’Au- ; a gusta nostra Regina si intrattenne famigliarmente
“ e con quel brio tutto suo, che forma l’incanto e “ rapisce quanti hanno la fortuna di avvicinarla,
“ sulle condizioni di Carlo Falconieri, compagno di “ infanzia dell’illustre patriota, che presiede alla Ca-4 mera Alta, e sulle cinquemila lire cfiepuntual- \
*  mente gli restituì, quando l’infelice architetto I
*  della Camera in Firenze esci di prigione. „
                       —aSxsxSx*»—
    E il giorno dopo, VOrgano della Democrazia, il Diritto, potrà innestare tra le sue Ultime Notizie in grassino quest’altra gemma :
    “ Ieri S. M. la Regina ricevette in udienza parti-
*  colare la moglie del nostro illustre amico il Com-
“ mendatore Avvocato, Professore, Senatore, Colon- \ “ nello della Territoriale, Augusto Pierantoni, Blu- j “ strissima Signora Grazia Mancini-Pierantoni. Il I “ colloquio fu commoventissimo e durò tre quarti | “ d’ora. S. M. si benignò (sic) di domandarle noti- I
*  zie particolareggiate sulla malattia dell’insigne I ‘ suo Papà — che subì con stoica fermezza e se- j “ renità cristiana una dolorosa operazione, dietro il i “ consulto medico e chirurgico dei chiarissimi Pro- ì “ fessori Mazzoni, Panizza, Occhioni, Magni, e Guido
“ Baccelli ». Povero Guido ! Ti metteranno di dietro a tutti, ora, che non hai più comunicati da mandare al Diritto per mezzo di Alessandro Bottero, repubblicano corrispondente dell’ Unità di Milano al servizio della Monarchia in Roma... Povero Guido !
                       ——
    Attento, Procuratore del Re!
    Nella Riforma del circonciso Levi può comparire domani un’ Ultima notizia così concepita e partorita :
                                                                                                                                                                                                      “ Ieri S. M. la Regina si degnò ricevere in udienza “ particolare la Signora Barbagailo-Crispi, moglie “ di S. E. il Presidente del Consiglio. S. M. l’accolse “ con quell’espansione di gioia, con quell’effusione di allegrezza, che tutti riconoscono dote peregrina dell’Augusta Donna che siede sul trono d’Italia.
                                                                                                                                                                                                      “ S. M. chiese con premura delicata notizie della si-“ Snora Rosalia Crispi, eroina dei Mille di Marsala, e madre del nostro amico P Onorevole Pre-
*  sidente del Consiglio. „
    E rallegriamoci intanto, che S. M. riceve nella sua Reggia ed onora colle sue più delicate attenzioni tante donne d’Italia. Ma, per ora, col consenso tacito del Procuratore del Re, terminerò con un grave avvertimento.
   11 popolo, che suda nelle sue arse officine e nei campi, ha una Morale diversa da quella che fiorisce nelle dorate sale per cui si avvolgono Deputati e Senatori. La Morale, o l’Etica Civile, come direbbe il mio amico Maiorana-Calatabiano, che professano i poveri agricoltori, i facchini,! pescatori, non èjquella dei Caccia, dei Farini, dei Baccelli, dei Pierantoni, dei Chauvet, per non dimenticare il più immacolato della Banda Nera; e le attenzioni delicate, che usa la Regina a certe signore, sia detto con tutto il rispetto dovuto alla città di Trento e alla memoria di Benedetto, generano nelle moltitudini, sapete che effetto, che sentimento? No ’1 dirò io: lo lascio descrivere da Tocqueville, che il Procuratore del Re può consultare al Capitolo V della 2“ Parte della” Democrazia in America: in fondo alla pagina 47 del Tom. II dell’Edizione di Michele Lévy (18G5), pubblicata “ Par Madame De Tocqueville. »
                                                                                                                 —«txsxSxJ:c—
   S. M. il Re visitò la vedova di Giovanni Lanza che vive confortata di cure liberalmente affettuose dai nipoti Camillo e Francesco, di quel poveruomo, come con superbo fastidio lo chiamò il Crispi. E quello fu un esempio buono ed alto, di buona ed alta democrazia. Ora è debito mio il far sapere agli Italiani due cose. 1. Che avendo il Re buono significato il desiderio magnanimo di venire in aiuto alla gloriosa vecchiezza dalla vedova di Colui che ci condusse in Roma, i nipoti e la santa donna resero volontariamente superflua la generosa intenzione del Re. — 2. Che la signora Lanza non pose mai il piede nella Reggia, in tanti anni di Ministero Lanza, perchè la, povera donna, come direbbe il Crispi, non conosceva il cerimoniale di Corte o non si sentiva di poter figurare in mezzo agli splendori che inondano, in questo periodo democratico, la Casa dei nostri Re !
   Maestà, torniamo al vecchio !
                                Sbarbaro.
                                                                                        IL PRINCIPINO
   Il Principe di Bismark non è solo in Europa ad impensierirsi — per noi, del prossimo esaurimento della nostra Casa Regnante. E se tutti facciamo voti perchè la Regina abbia due o tre altri figli, nessuno deve fondare le sue previsioni sopra sì fausto evento. L’ignoto è nel pensiero di Dio: il senno umano deve esercitarsi massimamente sul noto. Conseguentemente io domando, che abbiate maggior sollecitudine per ; la fisica salute del Principe Ereditario, che è gracilino, j sterilino, e con tutto ciò viene oppresso da un cumulo ; di studi, occupazioni, esercizi e discipline da far j spavento anche al più vecchio maresciallo di Prussia. ; Strana cosa ! Mentre i Ministri senza senno mandano j attorno per l’Italia à insegnare la scienza dell’edu- ! eazione certi cattivi soggetti, rei di turpi azioni, si j applica all’educazione del futuro Re il più antiquato : empirismo. Nell’età dello svolgimento più pericoloso ; delle forze fisiche l’opprimono di fatica intellettuale! ! E lo tengono in Roma. Perchè non lo lasciano a Na- j poli, sua terra natale, nel Palazzo di Capodimonte, j dove l’aria è tanto migliore che sulle sponde del Tevere? !
                                                                           MEDAGLIONI ARISTOCRATICI
                                                                                                            <S')on oTBaTcluccìo @c/ei>ca ic/ii
    È un altro tipo del principe romano, deputato : | è il principe con velleità d’artista, che ricorda lo i spunto, se non altro, della prima ode d’Orazio:
                                                                                                                   Maecenas atavis.
    E, per fare il Mecenate, egli è rimasto quattro anni : presidente del Circolo internazionale, e si giova del j voto con cui i suoi elettori lo mandano alla Camera ! per raccomandare al Governo l’apertura e l’acquisto i di Gallerie, d’Accademie e di Musei.
    Ma per i suoi elettori sacrifica, ad onta dei lacri- j mosi e fieri sdegni di suo padre, cinquanta o sessanta ! mila lire ad ogni convocazione di comizi ; per i soci ! del Circolo artistico non volle sacrificare che il tempo i e la fatica necessari per trovare nuove fiere, lotterie, ! recite di beneficenza e altri modi ingegnosi di far | mettere fuori dei denari ai pittori, e scultori che vo- I leva beneficare.
    E per questo, forse, i pittori e gli scultori, mentre [ gli elettori politici gli si serbano ancora fedeli, si ! son rivoltati a don Baldassarre Odescalchi, che non è I altrimenti chiamato che Balduccio, e, dopo avergli con- i trapposto per due volte di seguito un serio competi- j tore, alla terza, piuttosto che votare per lui, hanno ; dato il loro libero ed autorevole suffragio a una mano j nera.
    Il che deve aver cagionato un dolore acuto a don Balduccio.
    Egli ha avuto, infatti, molte ambizioni in vita sua.
    Figlio d’una famiglia la quale, mercè abili matrimoni e opportuni risparmi, era diventata ricchissima, quasi tanto ricca quanto quella Torlonia, e che con costanza invincibile si era mantenuta ossequiosa al soglio pontificio, a lui passò, a un tratto, una fantasia per il capo.
    Fosse che i viaggi l’avessero guastato, fosse una strana e felice intuizione dei tempi nuovi o la poca disposizione naturale a fare, soltanto, il principe di Santa Madre, ei si voltò improvvisamente alla causa liberale e, senza che nessuno pensasse a lui, si mise in volontario esilio, e andò a Firenze, allora capitale del regno.
    Probabilmente, cresciutogli di già il bernoccolo artistico, vi andò soltanto per visitare le gallerie, ma dacché c’era e la contemplazione dei Ghirlandai e dei Beati Angelici gli conferiva alla saluto, pensò :
- Facciamo il martire. -
    Ed entrò nella diplomazia ; fu a Vienna, ma non vi fece buona prova e gli diedero a intendere che il meglio era se ne andasse ; fu la sua prima delusione politica.
    Diplomatico mancato, don Balduccio pensò, come tutti gli italiani che si rispettano, di diventare autore drammatico, e scrisse Imelda Lambertazzi, che fu rappresentata a Firenze.
    Quella sera, Ferdinando Martini, che era in teatro, disse : - Tutti i Gcremei sono risuscitati fuori dalle antiche tombe, per venire a fischiare qui dentro. -
    Neppure come autore drammatico il primogenito di casa Odescalchi era riuscito ; ma siccome era deciso a voler essere qualche cosa, si mise di nuovo a viaggiare per farsi una grande coltura artistica.
    Fra un viaggio e l’altro capitò il 20 settembre e potéri entrare anche lui, cogli esuli e coi martiri, per la breccia aperta di Porta Pia.
    E allora, quando fu qui, in quella comitiva fece come i suoi colleghi e disse: — La patria mi deve dare una ricompensa. —
    Poi, siccome la patria sollecita non andava a lui, egli seguì l’antico apologo di Maometto e si mise in cammino per arrivare a lei.
    Voleva essere sindaco di Roma e deputato della capitale : ma a fare dei discorsi in pubblico, a simulare una barba e una voce da tribuno, alla don Emanuele dei principi Ruspoli, non aveva il coraggio ed il fiato; gran signore autentico, almeno di razza, il buon sangue della sua gente ribolliva al contatto della piazza.
    E poi don Balduccio non è mica un forte oratore ! Anzi ogni discorso, pacato, preparato, quasi impalato a memoria che poi ha fatto alla Camera, si dice sia il frutto di costosi quanto erculei sforzi.
    Dunque, egli pensò di fare il viaggio per le vie traverse, col mezzo di alleanze tenebrose, con sotterfugi e assalti mascherati; come dèsse di notte la scalata d’una fortezza.
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    Allora s’impegolò in guai gravi, fu a un pelo di ; dare un tonfo, e lo salvarono, appena, il suo gran j nome di principe romano, la sua notissima inge- j nuità e papa Pio nono.
    Giacché tra molti spaventi, pur troppo pubblici, j ch’egli ebbe a sopportare in quei giorni, vi fu anche | questo, privato sì, ma non minore degli altri : di ] diventar povero.
    Sua madre, infatti, buona cattolica e ungherese j milionaria, che aveva lei rinnovata la fortuna, non I poco scossa, di casa Odescalchi, atterrita e inviperita j per quei grossissimi scandali liberali del primogenito, ! pensò a diseredarlo.
    Soltanto, poiché non si è mai buoni cattolici, un- i gheresi e milionari a mezzo, andò prima a sottoporre j il caso della sua coscienza al Sommo Pontefice.
    Questi, per quella larga tolleranza di gaudente, che j aveva, da quello scettico che era nella realtà, la per- | suase ad aver pazienza, a perdonare le tristi ne- j cessità dei tempi e i trascorsi del figlio. E così gli ha I serbata una eredità di molti milioni.
    Ma le sue speranze di diventare sindaco, deputato, j qualche cosa, erano ancora fallite, le sue ambizioni ; avevano avuto un nuovo smacco, e dovè tornare a ! viaggiare, nelle frescure ricreative del Tirolo.
    Quando tornò, i primi impeti della giovinezza erano scomparsi, e ritentò più seriamente la prova. :
    Trovò un redattore d’un giornale diffuso c che co- I minci ava ad essere anche autorevole presso il Ministero ! e ne fece il suo segretario, il consigliere nelle dotte I escursioni che faceva nei musei e nelle conferenze che i andava preparando per il circolo artistico, quando sa- ! rebbe stato fatto ; trovò un collegio poco lavorato, quello di Civitavecchia, che si poteva far dichiarare ! vacante con facilità etentare con probabilità'di sue- I cesso, ed egli, appena dichiarata la vacanza, vi mandò, la stessa sera, quel suo fortissimo segretario che, nella stessa notte, attaccava cartelloni che dicevano :
    — Se volete un deputato intelligente, onesto e indipendente, eleggete il nostro principe, don Baldassarre Odescalchi — Questo in pubblico : privatamelito-agli elettori andava confidando : — Il principe vi farà un quartiere nuovo, a sue spese, e verrà tutti gli anni, colla sua famiglia, con tutti i suoi parenti ai bagni fra di noi. —
    Infatti, don Balduccio, d’allora è sempre andato ai bagni di Cibitavecchia, e per il quartiere nuovo, nella parte verso Roma, ha fabbricato una palazzina che è rimasta, dopo parecchi anni, anche oggi come-una sentinella avanzata nel deserto.
    Ma gli elettori ebbero fede e speranza, tanto più che alcuni di loro avevano già esperimentata la carità, e-don Balduccio ebbe soddisfatta, per la prima volta, una delle sue ambizioni.
    Ma la fame viene mangiando; deputato volle diventare un deputato influente, e così si procacciò dolio nuove sconfitte.
    Egli ha fatto fatiche eroiche per sembrare un signore inglese autentico, colla barba, un’eleganza né-gligée in giacca grigia e cravatta sciolta : ha delio-idee liberali, cammina dinoccolato e parla adagio, sino con pronuncia da figlio della perfida Albione r ma non gli è bastato per esser preso sul serio : in Italia, non è ancora possibile fare il baronetto.
    Alla Camera i colleghi lo pigliano nei corridoi per farlo chiacchierare e divertirsi : quando, invece, fa dei discorsi solenni, nell’ aula, alzano le spalle e lo-piantano. Nessun ministro potrà mai farne un segretario generale e non c’è che la Libertà, che, di quando in quando, lo nomini.
    Anche, dunque, come deputato, don Balduccio, ò-mancato: era presidente del Circolo artistico e vi faceva delle conferenze e delle fiere.
    Anzi, una volta, in unadi quelle, per chiamare con una delicata perifrasi i Medici, disse: — Quella famiglia che aveva le palle, ottenendo un immenso successo.
    Ma, anche questi successi sono stati brpvi, e dal Circolo artistico l’hanno mandato via.
    Così che, è pure un presidente fallito.
    Ora gli è venuta addosso una nuova ambizioner don Balduccio flirta e questo inverno s’incontrava spesso colla faccia rossa appoggiata sulla carrozza d’una bella signora bionda.
    In questi giorni pare oppresso da una nuova passione, ed ha piantato le sue sedi all’ufficio di pubblicità.
    Egli non si è avveduto, rimanendo alla Camera chetutto, ad onta delle apparenze, volge all’eseicizio privato, e si va preparando un nuovo fiasco.
    È inutile: Don Balduccio non ha avuto e non avrà mai che un successo solo, inaspettato: quello dei suo® due figli, che davvero sono due angioletti.
                                         Il Pittore.
       k vita scohomica si Roma
                                                                                                                BANCHE E BANCHIERI
     Ci siamo proposti di occuparci lungamente delle banche e? dei banchieri di Roma, non per amore di scandali o nella lusinga di loschi guadagni, bensì perchè questa del capitale circolante, dello sconto e del risparmio è questione di prima importanza per questa città.
     È inutile, in fatti, votare 300 milioni da spendersi in dieci o quindici anni per compiere dei lavori murari : tutto il risorgimento economico di Roma si stabilirà nella maggiore ampiezza d’alcune strade e nella più igienica pulizia d’alcuni quartieri.
     Ma è la grande attività industriale,'la ferza meravigliosa e la gloria dell'epoca nostra, che conviene risvegliare ; tutto il' meccanismo delle secondarie iniziative, che. ai giorni nostri, si muove tutto sopra una ruota sola; il credito fondato più sulla fiducia che sopra un equivalente numerario; lo sconto delle somme minori, con intendimenti più esclusivamente commerciali che bancarii.
                                                                                                                                                                                                  E la banca popolare, insomma, quella benefica creazione -moderna, che allargando il numero degli scontisti, dando vita a tutte le operosità, produce quel molteplice congegno di attività e di tentativi che costituiscono la formidabile e gloriosa industria dei nostri giorni, a base essenzialmente democratica.
     Ora, noi dicevamo, i lavori del piano regolatore, i pellegrinaggi organizzati in patriottiche simulazioni a benefizio degli albergatori, il numero duplicato degli abitatori non gioveranno a trar fuori Roma dalla sua povertà, dalla sua inerzia, da quella specie di tomba d'abbiezione paludosa in cui l’ha piombata il Governo pontificio, se non si riesce a dotarla d'istituti e d’abitudini bancarie moderne, che alla giovine industria, al commercio che nasce, diano una valida e amica mano.
     Invece, la capitale d'Italia, sotto questo importantissimo aspetto, che deve essere l'inizio della sua risurrezione economica, si trova ancora nello stato in cui era venti anni fa, durando il regime cessato.
     Il piccolo sconto, il giro delle somme minori, la banca di. natura popolare, non si conoscono : la nostra costituzione bancaria è ancora esclusivamente antica, fendale.
     Giacché, il solo istituto che abbia davvero una grande influenza, anzi quello da cui unicamente dipendono le sorti del credito fra noi, è la Banca romana, uno dei pochi stabilimenti che, in mezzo al travolgersi degli avvenimenti e al mutare delle condizioni civili, abbia conservato rigidamente intatta la