99 IL CEDRO DEL LIBANO. ' cancello, ecco il cortile, il giardino ; ma non si sbagliava ancora? Quella non gli pareva la sua casa: e il cedro del Libano, il suo albero, dove se n'era andato ? Eppure del cancello gli era noto anche il modo di aprirlo: si doveva spingere una molla. Ecco fatto: il cancello era aperto; fa qualche passo e poi inciampa in una massa fiancheggiante il davanti della casa. Che può essere ? non ha forma, pare una montagna di neve. E quel lungo braccio minaccioso levato in alto? Ah! ora lo riconosce. È il cedro del Libano spezzato dalla bufera e piegato a terra come un gigante ferito. G ustavo guardò l'albero e si toccò il cuore che gli si voleva spezzare, e mormorò : — Ah, dunque era vero? Il babbo aveva ragione. Udì intanto un cane abbaiare e vide qualche cosa di nero saltargli intorno. Era Moro, il suo cane, che l'aveva riconosciuto e gli faceva festa. Nello stesso momento una porta s' aperse , una striscia luminosa venne a posarsi sulla neve del cortile e la signora Erminia, senza curarsi del freddo, lo prese per mano e lo condusse in casa. — Sei tu, Gustavo? ti aspettavo: e quando ho sentito il cane , ho detto subito : " è lui ! „ Vieni qui a scaldarti. Come sei gelato! hai sofferto? E giunta molto in ritardo la corsa. Dio mio , come sei pallido! vieni qui accanto a me. Lo fece sedere sopra un canapè e lo baciava e abbracciava come quando era un bambino.