I ROMANI NELLA VITA ECONOMICA DELL’ANTICHITÀ 51

    monetario ed a fornire alla capitale i metalli preziosi di ■cui grande era il bisogno per gli oggetti di lusso.
    Ma l’ordinamento dell’impero non era certo il più adatto allo sviluppo normale del commercio e della vita economica dei moltissimi paesi, che ne facevano parte. Prima ■di tutto, la civiltà romana fu prevalentemente una civiltà militare, cioè una civiltà che ebbe benissimo la sua speciale missione da compiere nel mondo antico, ma che non potè in alcun modo promuovere le così dette arti della pace, cioè la produzione agricola ed industriale e gli scambi commerciali. Le guerre senza fine combattute in tutte le regioni dell’impero rovinarono le risorse locali, spensero le iniziative private , moltiplicarono le schiere delle milizie mercenarie, destarono in molti lo scoraggiamento ed in pochi 1’ amore al lusso ed all’ ozio, sconvolsero gli ordinamenti tradizionali, spostarono confini geografici con estrema violenza. In Oriente i Romani apparvero predoni; per i Greci essi furono tiranni spietati; per i popoli europei, Galli, Germani, Iberi, essi furono conquistatori e predatori. Imposero leggi non sentite dai sudditi, ordinamenti finanziari onerosissimi, sistemi di dazi e di gabelle nuove che, unite a quelle già esistenti nei paesi conquistati, formavano una fitta rete che impediva il libero e-spandersi dei prodotti agricoli e manufatti ; mentre, lasciando normalmente alle classi meno abbienti la pratica del commercio, le classi privilegiate diventavano sempre più parassitarle.
   Ora, fino a che la grande aristocrazia romana potè contare sul cieco servilismo degli schiavi e su i tributi dei nuovi sudditi e su i prodotti, sempre lauti, dei bottini, a Roma parve che i mercanti di tutte le regioni del mondo dovessero trovare fortune insolite ; ed effettivamente le sole mense di Lucullo e dei più ricchi senatori romani richiedevano una immensa profusione di sesterzi per 1’ acquisto dei più rari aromi e dei più delicati prodotti delle, provincie più lontane. E il fatto che a spese dello Statò, fin dall’ultimo secolo della Repubblica, vivevano circa 150 mila persone improduttive (Cesare ridusse appunto a tal numero i 230 mila poveri ammessi a partecipare già alle distribuzioni di frumento o di pane, di vino e di olio!) portava necessariamente la conseguenza