americani, i più disincantati, ma ciò non impedisce che acquistino un coacervo di oggetti senza discrimina- zione â sembrerebbe a peso â. Intanto l'uomo del banco osserva: « Chi viene a Portobello impara a invec- chiar bene », forse alludendo al miracolo di sopravvi- venza di quelle cose decrepite, un miracolo che i mer- canti sanno coltivare come una pianta in serra. Seguitiamo ad andare verso questo nostro medioevo privato visitando la piazza del Caledonian Market, nel- l'omonimo quartiere, ai margini del porto di Londra; è ancora un mercato ebdomadario (il venerdì, dalle 9 alle 13); negli altri giorni ci si dedica alla pazzia del lavoro o all'inerzia del riposo comandato. A Caledonian Market si disseziona, si dissocia il tempo. Uno può chiedere: « Che secolo è fuori di questa piazza? »; ed è lecito anche rispondere: « à il VII secolo dopo John Rue Mouffettard â oltre la Sorbona e il Pantheon â, oggi in disarmo; quelli di Saint Ouen e di Clignacourt, nei « faubourgs », con mille botteghe e cinque fiere en plein air, tra le quali il Marché Biron, dove però hanno succursali i famosi antiquari di Boulevard Ma- genta e di Quai Voltaire. Non si imboschi fra i tralicci del Village Suisse, presso la Torre Eiffel. A questo punto la cosiddetta terza cultura, la socio- logia, che vuol essere l'ago della bilancia fra umanisti e tecnocrati, dovrebbe illustrarci la « durata » di questi colossei di ferrivecchi stracci carta da macero e arte degradata; c'è, insopprimibile, il richiamo della stu- penda supérfluità delle cose inutili, deperite che ci galvanizza. Oppure l'uomo moderno, tra i fondali di vetro e cemento che l'hanno catturato, vuole queste Sono luoghi dove si attua la catastrofe della materia dove tutto si stempera nell'indistinto; o, forse, è l'ultimo tentativo di rabberciare un universo che crolla. Per i patiti, i « marchés aux puces » risultano essere dei paradisi terrestri, la dimostrazione flagrante che l'uomo è più primitivo di quanto crediamo, e che la provvisorietà è il suo connotato più riconoscibile. Una tale archeologia suburbanista e domestica può aiutarci a vivere. Ford » senza peraltro turbare il rondò che i Planta- geneti, i Tudor, gli Stuart fanno intorno alle bancarelle. (Agli orli della piazza non ci sono siepi di verdura come a Portobello Road, ma stoffe di Manchester o... biellesi.) Fra le attrattive del Caledonian Market ci sono i fondi â inesauribili â delle decorazioni: c'è da trovarsi blindati di stelle al merito, di patacche da commende, di collari e gran tosoni che vi pesano come gioghi, coccarde iridate, galloni, greche, alamari, talché il ver- setto ammonitore dell'Ecclesiaste sulla vanità e sull'esi- bizionismo riceve la più drastica delle smentite. Se uno aspetta messaggi che contengano più futuro che passato eviti questo e tutti gli altri marchés aux puces, che sono la vera terra del rimorso; ci schian- tano sotto la forza terribile della ripetizione degli oggetti, delle loro forme. Eviti a Parigi il mercato di brecce polverose aperte, non dico verso la tradizione, ma verso il sentimento della tradizione. Essere del tutto nuovi, a faccia a faccia con il domani, è davvero un'impossibilità . Certi frammenti, anche i più umili e inconsistenti di ieri, diventano i nostri totem. Così, non poche case d'oggi sembrano delle tombe egizie con le batterie rituali e ingombranti di oggetti démodés. Di nascosto molti di noi si allestiscono il salotto di Nonna Speranza. Si accetta la regressione, magari a cavernicolo. Come il turismo, la pratica antiquaria, seppure soltanto eser- citata nei marchés aux puces, può significare l'esigenza di un ritorno: sia alla natura, sia alla lezione e alla esperienza dei padri. à il linguaggio perentorio della ancestralità , e non occorre Freud a spiegarlo. Una volta questi mercati avevano una funzione utilità - Vf 43