<3 Troviamo inoltre eli' ei fu nel numero dei Priori in Firenze dai 4 5 di Giugno fino ai 4 5 di Agosto del 4 300 (Mem. di Dante $40). Questo onorevole impiego fu fatale a Dante j perciocché essendosi allor progettato di man- dare a Firenze Carlo di Valois Conte di Angiò per acchetare le domestiche turbolenze, onde quella città era agitata e sconvolta, Dante es- sendo allora Priore opinò che tal venuta fosse per riuscire funesta alla patria, e dovesse per- ciò impedirsi. Ma essendo riuscito ai partigiani di Carlo di condurlo a Firenze, il partito dei Bianchi fu da lui cacciato fuori di città. Dante, che allora eia ambasciadore a Boni- facio Vili, con più altri, ai 27 di Gennajo 4 302 , fu condannato alla multa di ottomila lire e a due anni di esilio ; e quand* ei non pa- gasse la somma imposta, si ordinò che ne fos- sero sequestrati i beni, come in fatti avvenne} di che veggasi una più estesa narrazione con- fermata da autentici monumenti presso il lo- dato moderno scrittore della vita di Dante. (¿6.) Ei fa ancora menzione di un'altra senten- za fulminata contro Dante ai 4 0 di marzo dello stesso anno, e ne parla come di semplice con- ferma della prima sentenza. Ma ella, a dir vero, fu assai più severa ; poiché in essa Dante e più altri, se per loro mala sorte cadessero 44 nelle mani del Comyn di Firenze, furono con- dannati ad essere arsi vivi. Di questa circostan- za e di questo monumento sconosciuto finora ad ogni altro scrittore della vita di Dante, io sono debitore alla singoiar gentilezza dell'eru- ditissimo Conte Ludovico Savioli Senatore bo- lognese, che avendolo scoperto nell'archivio della Comunità di Firenze l'anno 4 772, ne fece trarre autentica copia ; e io credo di far cosa grata ai miei lettori pubblicando in piè di pa- gina questo pregevolissimo monumento. Se Dante fosse veramente reo delle baratterie che qui gli vengono apposte r non è sì facile a de- finire. Io credo che in quei tempi di turbolenze e di dissensioni fosse assai frequente l'apporre falsi delitti, e che questi facilmente e volen- tieri si credessero da coloro che voleano sfo- gare il lor mal talento contro i loro nemici. Egli è però questo Pudico monumento che io sappia, in cui si veda a tal delitto assegnata tal pena ; ed esso ci prova il furore con cui i due contrarj partiti si andavano lacerando l'un l'altro. Ove si andasse Dante aggirando nel tempo del suo esilio, è cosa difficile astabilir con cer- tezza. Quelle parole eh' ei pone in bocca di Cacciaguida nel predirgli che questi fa le sveu- ture che dove* incontrare; 45 Lo primo tuo rifugio, e *l primo ostello Sarà la cortesia del gran Lombardo, Che 'n su la scala porta il santo uccello. Parad. canto xvn, v. 70, ec. han fatto credere ad alcuni ch'ei tosto se ne andasse alla Corte delli Scaligeri in Verona. Ma è certo che Dante per qualche tempo non abbandonò la Toscana* finché i Bianchi si po- terono lusingare di rimetter piedi in Firenze, cosa più volte da essi tentata, ma sempre in vano. Ei fu dapprima in Arezzo, come narlra Leonardo Bruni , ed ivi conobbe Bosone da Gubbio, da cui fu poscia alloggiato, come fra poco diremo; ed è probabile che l'anno 1304 egli entrasse a parte dell'improvviso assalto che i Bianchi, benché con infelice successo, die- dero a Firenze. È certo inoltre che 1' anno 4306 egli era 'u Padova, e l'anno 4 307 nella Lunigiana presso il Marchese Morello Mala- spina ; di che il sig. Peli» reca incontrastabili prove, tratte, quanto al primo soggiorno, da uno stromento che si conserva in Padova, e quanto al secondo , dai versi stessi di Dante (ib. 5 4 4). Ciò però dee intendersi, come al- trove abbiamo mostrato (Storia della Letter. Jtal. lib. /, cap. 2, w. 6), in questo senso: che Panie, dopo aver soggiornato per quali he 46 tempo in Arezzo, andasse a stabilirsi in" Ve- rona l'anno 4 304, cioè due anni dopo l'intima fattagli dell'esilio; e che da Verona passasse poscia talvolta per qualche particolar motivo or a Padova, or nella Lunigiana. Noi abbiam pur riferito gli onori che dagli Scaligeri ei ricevette , benché l' umor capric- cioso che lo dominava, gli desse anche occa- sione di qualche disgusto. Il Boccaccio ragiona in modo che ci potrebbe far credere che si pensasse ivi di conferirgli l'onore della corona d'alloro, dicendo ch'egli non l'ebbe solo per- chè era risoluto di non volerla se non in pa- tria (de Geneal. Dcor. lib. 4 5, cap. 6). Ma di questa circostanza niun altro ci ha lasciata me- moria. Verona però non fu sede stabile del nostro Poeta., Il Boccaccio lo conduce in giro in Casentino e Lunigiana, nei monti presso Urbino, a Bo- logna , a Padova e a Parigi. Altri luoghi da lui abitati si annoverano da altri ; e sembra che non potendosi disputare della patria di Dante, come si fa di quella di Omero, molte città d'Italia in vece contenlan tra loro per la gloria di aver dato in certo modo la nascita alla Divina Commedia da lui composta. Fi- renze vuole ch'ei già ne avesse composti i pri- mi sette canti, quando fu esiliato; e ne reca in 17 prova l'autorità del Boccaccio e di Benvenuto, ed alcuni passi del medesimo Dante. Il Mar- chese Maffei vuole che alla sua Verona conce- dasi il vanto che ivi principalmente Dante si occupasse scrivendola. Un'iscrizione nella torre dei Conti Falcucci di Gubbio ci assicura che in quella città, ove, come sembra indicarci un sonetto da lui scritto a Bosone, abitò qualche tempo presso questo illustre cittadino , ei ne compose gran parte ; e un'altra iscrizione po- sta nel monastero di S. Croce di Fonte Avel- lana nel territorio della stessa città, afferma Io stesso di quel monastero, ove anche al presente si mostrano le camere di Dante. Altri danno per patria a questo Poema la città d'Udine e il castello di Tolmino nel Friuli ; altri la città di Ravenna, delle quali diverse opinioni si veg- gan le prove presso il più volte lodato sig. Giuseppe Pelli; e vuoisi aggiungere inoltre che il Cavaliere Giuseppe Valeriano Vannetti pre- tende che nella valle Lagarina nel territorio di Trento Dante scrivesse parte della Commedia ed altre poesi»;, come egli si fa a provare in una lettera pubblicata dal Zatta (Opere di Dante toni. IV. par. 2). Io mi guarderò bene dall'en- trar nell'esame di tutte queste sentenze, e dirò solo che a me sembra probabile ciò che pure sembra probabile al sig. Pelli, che Dante co« 48 xninciasse il poema innanzi all'esilio, e 11 com- pisse innanzi alla morte di Arrigo seguita nel 4343 ; altrimente, com'egli dice, non si ve- drebbouo negli ultimi canti di esso le spe- ranze che Dante formava nella venuta di quel- l'Imperatore in Italia (Par. c. xxx,v. 433 ce.). Egli sperava al certo che la discesa d'Ar- rigo potesse aprirgli la via di ritornare in Fi- renze. Perciò , oltre una lettera scritta a'Re, a'Principi Italiani e a' Senatori di Roma per disporli a ricevere favorevolmente Arrigo, che dall'abate Lazzari è stata posta in luce (Miscel. coli. Roni. tom.I,pag. 4 39), un'altra ne scrisse al medesimo Imperatore l'anno < 34 4, ch'è stata pubblicata dal Doni (Prose antiche di Dante ec.), esortandolo a volger le armi contro Fi- renze; e da essa ancora raccogliesi che Dante era stato personalmente ad inchinarsi ad Ar- rigo. E questi infatti era contro dei Fiorentini fortemente sdegnato ; ma i poco felici successi ch'egli ebbe in Italia, e poi la morte che lo sorprese nel 1343 , non gli permisero di ese- guire ¡suoi disegni ; e l'unico frutto che Dante n'ebbe, fu il perdere ogni speranza di rimetter piede in Firenze. Il sig. Pelli nel 5 43 diffe- risce al 4 34 5 la confermazione della senteuza d'esilio contro di lui pronunziata ; ma l'abate Mehus accenna uua carta (VitaAmbr, Camald. 49 pag. 482) del 4344 , in cui si dichiara ebe Dante era irremissibilmente escluso dalla sua patria» Allora è probabile ch'ei se ne andasse a Pa- rigi, non già ambasciadore dei Fiorentini, co- me dice il Filelfo, ma per desiderio di passare utilmente il tempo, e di sempre più istruirsi in quell'Università. Questo viaggio di Dante rammentasi da Giovanni Villani, come già ab- biam detto, da Benvenuto da Imola (l.c. p.\ 464) da Filippo Villani (ap. Mehus l. o. pag. 467) e dal Boccaccio ( Vita di Dante et Geneul. Deor. I. 44, cap. 4 4), il quale aggiunge che in quel luminoso teatro ei sostenne pubblica- mente una disputa su varie questioni teologi- che. Un'altra disputa filosofica ei tenne nel 4 320 in Verona, seppur no» è un'impostura un libretto stampato in Venezia nel 4508, di cui parlano Apostolo Zeno (Leu. tom. II, pag. 3C4) e il Pelli (5 4 4 e 4 8), e che ha questo ti- tolo: quaestio fiorulenla ac perutilis de duobus telementis aquae, et lerrae iractar.s super r epe ria, quae olim Manluae auspicata, Veronae vero disputata et decisa, ac manu propria scripta a, Dante Fiorentino poeta clarissimo, quae dili- genter et accurate correda fuit per Rev. Magi- strum Joannem fìenedictum Moncettum de Ca- tliUont Aretino Reggentem Patavinum Orduùt % Bremitarum Divi Augtutlni, Sdcraeque Thcolo* giae Doctorem excellcniissimumi L'ultima stanza di Dante fu la città di Ra* venna, a cui egli recossi sul finir de'suoi gior- ni, invitato da Guido Novello da Polenta, col* tivatore insieme e splendido protettore dei buoni studj, come dice il Boccaccio. Fra le prose di Dante pubblicate dal Doni havvi una lunga lettera da lui scritta al suddetto Guido, da cui egli era stato inviato l'anno 4343 a Ve- nezia ambasciadore al nuovo Doge ; nella qua! lettera di Venezia e dei Veneziani ei parla con insofferibil disprezzo. Ma che una tal lettera e in conseguenza anche una tale ambasciata, che ail essa sola si appoggia, sia un'impostura del Doni, era già stato avvertito dal Canonico Bi- scioni nel ristampare eh' ei fece le medesime prose ; e si è lungamente provato dal Doge Foscarini (Letterat. Venez. pag. 349 ec.) e più fortemente ancora dal P. degli Agostini (Scrii Venez. tom. /, pref. pag. 4 7 ec.), il quale in- noltre confuta a lungo le accuse che l'Autor della lettera dà a'Veneziani. Più verisimile è un' altra ambasciata di Dante ai medesimi, che si narra da Giannozzo Manetti nella vita che egli ne scrisse, dicendo che essendo in guerra i Veneziani con Guido, questi il mandò ad essi ambasciadore per ottenere la pace; che Dante 5