con lo stesso spirito, con le stesse battute, con la stessa umorosa vita- lità di allora. Sono stato a trovarli, uno ad uno, nelle botteghe dei vinai che sono la loro vera casa, nei laboratori degli stucchinai, nelle officinette dove na- scono i lampadari di ferro battuto, nelle falegnamerie dove si restaura- no i mobili e da una zampa di seg- giola si costruisce un armadio inte- ro « tutto autentico, glielo assicuro » e nei magazzini dei robivecchi dove, con un po' di pazienza, si può ritro- vare tutta la cronaca polverosa del quartiere. Per questa gente Rosai è ancora vivo, è il « sor Ottone » o il « professore » per quelli che ne hanno sentito par- lare soltanto. Comunque è sempre uno di loro, un poco rustico, scont- troso, lesto di mani quand'era gio- vane, uno che, anche quando diventò famoso, non si dimenticò mai di essere nato in quelle strade, nell'uni- co rione di Firenze in cui Rosai avrebbe potuto nascere. Continuano a volergli bene come san- no voler bene i fiorentini. Senza sdol- cinamenti e senza falsi rispetti, un bene virile, da uomo a uomo. Gliene hanno voluto anche quando, dopo la caduta del fascismo, lo suonarono ben bene, una sera che, insieme ad amici, passava dalle parti della sta- zione. È un episodio del « 43 » che lo scrittore Piero Santi ricorda in un suo recentissimo libro, « Ritrat- to di Rosai ». « Mi accorsi d'un tratto che un grup- po di persone faceva la stessa no- stra strada: davanti a loro cammi- nava un uomo con i pantaloni alla zuava, alto e grosso. Giungemmo alla stazione, dal lato arrivi. Mi voltai e vidi che il gruppo era più vicino a noi, a non più di cinquanta metri. Dissi a Ottone : « Conosci quelli là? ». Lui non si voltò e mi stupì la sua risposta. « Voglio- no me ». Scendemmo dal salvagente e ci dirigemmo verso piazza Adua dov'era, in quei tempi, un impalancato che copri- va il cantiere di un palazzo in costruzione ma non facemmo a tempo a scantonare perché ci trovammo, d'improvviso e in silenzio, circondati. Nel buio, scorsi facce ignote che ci strinsero alle tavole di legno. « L'uo- mo in pantaloni alla zuava era rimasto sul salvagente, con un frustino fra le mani, come volesse dirigere di lì Via San Leonardo, via Toscanella, Borgo La Stella, Borgo San Frediano: i « temi » preferiti di Ottone Rosai, e sono anche i luoghi che videro la sua infanzia rissosa e la sua tempestosa fanciullezza.