... i Superman del un vigile, che con annoiata severità mi « favorisca la patente » comanda di non proseguire, come deb- bano regolarsi i cittadina che, invece di andare allo stadio, desiderano andare a lavorare. « Non abbiamo disposizioni » di- chiara. Gli domando se la Repubblica è ancora fondata sul lavoro o se, improvvi- samente, sia stato deciso di fondarla sul foot-ball. Mi dice di telefonare al coman- do. « Io eseguo gli ordini e non m'inte- resso di politica ». Ho girato una settimana per Torino su una macchina da noleggio targata Messina e ho fatto la più incredibile e non rife- ribile raccolta di contumelie, ironie, gesti sprezzanti da parte degli automobilisti indigeni, come se quel marchio d'inferio- rità meridionale rendesse ugualmente ver- gognoso accelerare o rallentare, sorpas- sare o cedere strada, rispettare le norme della circolazione o interpretarle con ita- lica larghezza. Un vigile mi ferma in via Roma perché, sostiene, lo scappamento della mia macchina fa troppo rumore. « à il solito vizio di voi meridionali » mi apostrofa subito. « E bisogna togliervelo con una bella multina da tremila lire ». Quando riesco a fargli capire che sono nato a nord del Po, « lascia perdere » con un cordialissimo sorriso. Su un viale a quattro corsie, venendo da sinistra e valicando, senza neppur rallen- tare, la doppia striscia bianca di separa- zione, una coupé rossa, guidata da una biondissima, fa conversione a U e mi ta- glia inopinatamente la strada. Frenata a secco, i pneumatici fischiano sull'asfalto, al loro si sovrappone il fischio immediato d'un vigile. Soddisfatto per quel provvi- denziale intervento della giustizia pubbli- ca, sospendo alcuni gesti e commenti ad alta voce, coi quali stavo deplorevolmente affidandomi alla giustizia privata. Ma la biondissima si allontana nella sua cornice rossa, neppur degnata d'uno sguardo dal pronto tutore, il cui indice è puntato con inequivoco orientamento verso la mia macchina e me. Mi accosto, dice che sono in contravvenzione per eccesso di veloci- tà . Obbietto che non eccedevo. Oppone con mezzo sorriso: « Ssst! Quella frena- ta... Dal fischio d'una gomma potrei dirle a quale esatta velocità stava andando. Ho il radar in testa, io ». Sto per osser- vare che, ce ne fossero tanti come lui col radar in testa, le nostre forze armate sarebbero sollevate dalle enormi spese per gli avvistamenti in cielo e in mare. Mi trattengo: non sono sicuro che il « sen- se of humour » sia tra le materie di inse- gnamento al corso per vigili urbani. Mi informo invece se ha visto perché ho do- vuto frenare così bruscamente. Risponde olimpico che questo non conta. Incomin- ciamo a discutere se conti o non conti, ma lui seguita a ripetere la storia del radar al posto del cervello. Estrae il li- bretto e vuol sapere: « Paga subito o facciamo il verbale? ». « No, faccia il ver- bale, ci scriva tutto e, com'è mio diritto, ci scriverò anch'io in calce le mie ragio- ni ». Moto di stizza e sguardo di perples- sità . Intime reviviscenze di ataviche pau- re per quel Diritto di cui conosce sol- tanto qualche articolo del Codice stra- dale. Inaspettato sorriso bonario, da vi- gile e padre: « Per stavolta, vada pure. Mi limito ad ammonirlo... ». (Quando rac- conto l'episodio a mio figlio, che ha di- 52