la unanimità dei pittori e degli amatori d'arte e così El Greco
fu costretto ad andarsene da Roma ed a recarsi in Spagna».
Domenico era sedotto dalla potenza espressiva di Miche-
langelo e dalla scienza anatomica, ma lo stimava come
scultore e non come pittore. Anni dopo ebbe ad esprimere
a Pacheco, il maestro di Velasquez, questo singolare giu-
dizio in cui il ricordo dello scacco subito a Roma gli velava
la serenità e l'intelligenza del giudizio: «Michelangelo
era un galantuomo ma non sapeva dipingere...». Questi epi-
sodi ci rivelano aspetti del suo carattere che è quello di
un uomo ambizioso, che badava al denaro ed al guadagno,
originale, sdegnoso, millantatore insofferente della fama
dei predecessori ; un uomo insomma che si riteneva sempre
in grado di assumere i compiti più difficili. Un suo bio-
grafo, Francisco Manuel De Melo, parlando di lui pochi
anni dopo la sua morte scrisse: che era rimasto povero a causa
del suo orgoglio. « Como soberbo da grandeza do seu spirito».
El Greco teneva in grande stima non soltanto la sua, ma
in genere la pittura considerandola arte somma. C'è un
episodio illuminante; un giorno le suore del monastero
di Santa Maria de la Sisla, ancor oggi esistente a Toledo,
lo pregarono di dipingere per loro una «Ultima cena».
Oberato dal lavoro egli passò l'incarico al suo molto amato
allievo Luis Tristan, che, compiuta l'opera, la consegnò
chiedendo per compenso 200 ducati. Le monache ammi-
rarono la tela, ma ritennero il prezzo eccessivo anche per-
ché l'autore era di giovane età e chiesero l'arbitrato di
El Greco. Questi appena vista l'opera alzò la canna che
teneva in mano e minacciò di picchiare il Tristan gridan-
dogli che era un buono a nulla e un disonore della pittura.
Le monache si interposero cercando di giustificare il
giovane, dicendo che era scusabile se non aveva tenuto
conto del valore del denaro, ma El Greco replicò «Questo
cattivo ragazzo mi tradisce se vi darà questa bella tela a meno
di 500 ducati; voglio che la porti subito nel mio studio se voi
non gli consegnate immediatamente quanto ha chiesto». Insom-
ma un nuovo esempio, una nuova prova dell'asprezza del
suo carattere.
Quando egli ritenne che l'aria di Roma non faceva più
per lui, nel 1576, in una data imprecisata, lasciò la città
eterna e si recò a Madrid. In quei decenni la Spagna
esercitava una grande in-
fluenza su tutti gli ambienti
artistici. Carlo V per rin-
graziare Dio della vittoria
di San Quintino aveva fat-
to costruire l'Escuriale affi-
dandosi a un gran numero
di artisti. El Greco, conside-
randosi «bruciato» a Roma
e non valorizzato dai pon-
tefici, si imbarcò per rag-
giungere un porto qualsiasi
della costa spagnola e di
qui si trasferì a Madrid. A
Carlo V era succeduto Fi-
lippo II che guidava l'im-
menso regno dell'Escuriale
e da Madrid, avendo abban-
donato la leale, nobile, im-
periale Toledo ove tra mo-
schee arabe, cattedrali catto-
liche, nobili palazzi vibrava
pur sempre l'anima della
Spagna. El Greco volle recarsi a Toledo fors'anche per
amicizia verso Pedro Chacon, canonico della cattedrale,
che era in relazioni con Fulvio Orsini, bibliotecario dei
Farnese, e di Luis De Castilla che pure dimorò a Roma
quando vi abitava Domenico. Altri afferma che il pittore
fu chiamato alla corte spagnola dallo scultore italiano
Pompeo Leoni, che lavorava appunto all'Escuriale.
Appena giunto a Toledo il pittore ricevette un'importante
commissione dai canonici della cattedrale: dipinse il
famoso «Espolio» (la spoliazione di Cristo) che ancor oggi
si ammira nella sagrestia del tempio. A questo quadro è
legata la prima data sicura sulla presenza di El Greco in
Spagna: si tratta della ricevuta per il versamento di 13.600
maravedis in acconto per il lavoro, in data 2 luglio 1577.
L'otto agosto successivo, in un altro documento, il pittore
scriverà in italiano o forse meglio in veneto «Io, Domenico
Thèotocopuli afermo quanto è sopra scritto». È da notare
che lo stesso soprannome con cui fu conosciuto in Spagna
El Greco è di forma italiana, perché in quella spagnola
sarebbe «El Griego» e fu usata molto raramente. Nel
1578 il 3 novembre gli viene versato un altro acconto di
37.500 maravedis sempre per l'Espolio che verrà portato
a termine l'anno successivo il 15 di giugno quando si
effettuò la prima valutazione e ne nacque una accanita con-
troversia sul pagamento che si prolungò per molti mesi.
Il 1578 fu un anno particolarmente importante per.il
pittore poiché conobbe dona Jeronima De Las Quevas,
di nobile famiglia, che gli fu compagna per tutta la vita
e madre del suo amatissimo figlio Jorge Manuel, così
chiamato a ricordo del nonno Jorghi. Abbiamo detto
compagna poiché non si sa se sia mai stata veramente sua
moglie. È questo un altro mistero della vita de El Greco;
francamente non si comprende come abbia potuto tenere
la donna con sé, in un ambiente di stretta osservanza reli-
giosa come quello di Toledo, senza sposarla ufficial-
mente. Si ritiene che il «Ritratto di donna in pelliccia»
oggi a Londra sia quello dell'amata Jeronima, il cui viso
ricorre in tante sue pitture, sempre riprodotto con amore,
inconfondibile nella serena bellezza dello sguardo profondo
che illuminava il leggiadro ovale dal roseo incarnato. An-
che di Jorge Manuel, il figlio dell'amore, rimangono im-
mortalate le sembianze poi-
ché si sa esser le sue quelle
del giovinetto vestito di ne-
ro in primo piano nel più
famoso quadro del maestro
l'«Entierro del Conde de
Orgaz». Nel giugno del 1579
Filippo II è a Toledo ; cono-
sce il pittore e gli commis-
siona per la cappella del mo-
nastero dell'Escuriale un
quadro su «Il martirio di San
Maurizio» disponendo due
versamenti di 200 ducati cia-
scuno come anticipo. Il qua-
dro sarà terminato nel 1583
e compensato con altri 300
ducati che certamente non
furono sufficienti a ripagare
il pittore di quella che fu la
più grande delusione della
sua vita. Collocato il dipinto
per breve tempo su un altare,
Toledo. «Sepoltura del Conte de Orgaz».
Luis Tristan discepolo del Greco e cavalieri.
Cavalieri e al centro, El Greco.