Il SQUADRA
DEL PACIFICO
Inflexible
Invincible
Vladivostok
TANGERI
6-X1
(divisione squadra
In due rotte]
Isole '5,
Capo Verde f
26-XI f
isquadra i
IfolkersamI
LIBREVILLE
J-XII
Il SQUADRA
DEL PACIFICO
NOSStBE.
ig/II J
(riuBÌone]
squadra) f
MOSSAMEDES
7X11
LUDERTZ
16X11
' Amm. Sturdee
Inflexible arrivo
Invincible 7-xil
21/26-XI
■ ST. MARIE
F 6-1-1905
BATTAGLIA DI CORONEL N
1-XI-1914 I
SQUADRA
ROSDESTVENSKI
arrivo Falkland
7-XII
BATTAGLIA DELLE FALKLAND
Amm. V. Spee.	8-XII-1914
stt»<to La I
Stretto Tsugari
[base di Togo)
BATTAGLIA
DI TSU-SHI-MA
27-V-1905
Il modo giusto e il modo sbagliato di fare
la guerra sul mare.
Le battaglie delle isole Falkland e di Tsu-shi-ma
rappresentano due diversi modi di concepire e mettere
in pratica il potere marittimo.
Alle Falkland gli Inglesi formularono e valutarono una
situazione strategica in modo quasi bridgistico: spedirono
due incrociatori da battaglia verso il punto dell'Atlantico
meridionale, meta prevista dei Tedeschi: ebbero fortuna nei
tempi e luoghi, e il risultato fu la distruzione completa
dell'avversario. Forse non è del tutto esatto parlare di
fortuna: sarebbe più giusto parlare di audacia calcolata,
istinto del mare, coscienza delle capacità e dei limiti del
nemico, tutte cose maturate in secoli di «mestiere».
A Tsu-shi-ma i Russi arrivarono dopo aver navigato
durante 7 mesi e per 20 mila miglia con le navi quasi in
stato di pre-demolizione, e il morale degli equipaggi a zero
a causa della certezza di incontrare un nemico perfettamente
addestrato che combatteva a casa propria per la
sopravvivenza. L'errore non fu tattico: si trattò di
impostazione sbagliata, con imposizione del combattimento
nel momento e nel luogo scelto dai Giapponesi. I risultati
furono quelli che dovevano essere.
Sappiamo tutti che cosa accadde a Pearl Harbor nel
dicembre del 1941 : fu il tentativo fallito di distruggere con
un attacco di sorpresa la flotta di una nazione con la quale
un regolamento di conti era diventato inevitabile.
Ebbene, la tecnica di Pearl Harbor non fu un'invenzione
giapponese (anche se il Giappone l'aveva già applicata
con successo a Port Arthur nel 1904), bensì britannica:
infatti negli ultimi due secoli la Gran Bretagna l'ha messa
in atto con esito positivo almeno due volte (anche se con
scopi diversi), e in una terza occasione l'ha presa in seria
considerazione. Copenaghen (1807) e Mehrs-el-Kebir
(1940) sono le due azioni portate a termine, la prima
contro la flotta danese con la quale l'Inghilterra non era
in guerra, la seconda contro la squadra francese dell'Atlan-
tico, poco dopo l'armistizio fra la Francia e la Germania :
in ambedue i casi si volle, e si riuscì, a impedire che una
forte squadra straniera potesse cadere nelle mani dell'av-
versario del momento, capovolgendo i fattori del potere
marittimo.
L'occasione solo «considerata» sembra sia stata nel 1907.
In quel tempo, la potenza navale tedesca era in piena ascesa
qualitativa e quantitativa, e la sua «curva» si avvicinava
sempre più a quella della Royal Navy : ciò fu tanto chiaro
all'Ammiragliato britannico, che il Primo Lord del mare
propose di applicare alla flotta tedesca lo stesso trattamento
inflitto alla flotta danese esattamente un secolo prima.
Forse l'epoca non si prestava più a colpi del genere, forse
la Gran Bretagna non si sentì sicura di riuscire al primo
ed unico colpo possibile, per cui l'azione non ebbe luogo:
è certo però che nel 1914 l'esistenza della flotta imperiale
tedesca (ormai troppo in grado di affrontare ad armi pari
la flotta inglese) ebbe una incalcolabile influenza sulla
decisione britannica di scendere in campo a fianco di
Francia e Russia.
Gli Inglesi hanno dato altre volte più o meno chiare dimo-
strazioni di come vada concepito ed usato il potere marit-
timo, e come sia fattore fondamentale della politica stra-
tegica o della strategia politica di una nazione che voglia
essera «grande potenza»: ad esempio, il già ricordato com-
portamento nel 1940 derivava da una strategia bellica ba-
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