IL CARATTERE DI SHAKESPEARE Nel quarto centenario della nascita del grande drammaturgo inglese pub- blichiamo un illuminante saggio di J. B. Briestey. Il noto saggista, roman- ziere e commediografo contemporaneo ci dà una curiosa interpretazione nella tanto dibattuta questione su chi fosse Shakespeare, quale la sua natura e il suo carattere, che per tanti lati sono ancor oggi oscuri ed incerti. E' un errore affermare, come fanno molte persone, che non si sappia nulla sul carattere di Shakespeare. Infatti ne sappiamo un bel po'. Anzi, direi che abbiamo di lui un'idea più precisa che su qualunque altro drammaturgo eli- sabettiano, eccezion fatta per Ben Jonson. Tanto per incominciare, i ri- ferimenti a Shakespeare da parte di scrittori della sua epoca, o appena po- steriori, ci dicono già qualcosa. «Era onesto e con una natura aperta e li- bera»; si diceva che avesse «arguzia naturale, prodigiosa arguzia»; che nelle contese verbali con Ben Jonson facesse uso illimitato della rapidità del suo spirito e della sua inventiva; che era « gentile » cioè di buone ma- niere e sensate, non violento o liti- gioso. E' assai probabile che stesse molto più ad ascoltare che a parlare. A questo proposito vale la pena di fare una precisazione. Commentatori privi di immaginazione hanno detto che Shakespeare dovette essere soldato o marinaio o impiegato nello studio di un avvocato e~ così via, a causa delle moltissime osservazioni che si trovano nelle sue commedie. Tutte fandonie. Qualsiasi uomo agile di spirito, tenen- do aperte le orecchie in osteria, può imparare qualcosa che ricorda circa una dozzina di differenti professioni e attività. La maggior parte dei ro- manzieri e dei commediografi è stata impegnata in questo genere di ascolto di tipo professionale, pur non essendo degli Shakespeare. Questo è un buon argomento (fra gli altri) contro chi vorrebbe che le commedie fossero sta- te scritte da qualche illustre aristo- cratico dell'epoca elisabettiana. Un nobile di quell'epoca non avrebbe mai potuto godere di un'esperienza spa- WiUiam Shakespeare. ziosa come quella di Shakespeare o avere una intima familiarità con le canaglie delle taverne cittadine e gli zucconi e gli scemoni della campagna come rivela Shakespeare. La gente della borghesia è quella che vede di più, e Shakespeare appartenne alla borghesia elisabettiana. Sul carattere di Shakespeare, sfor- tunatamente, non ci sono testimo- nianze o prove, ma esse esistono nelle sue opere. Non bisogna ricercarlo nei discorsi dei suoi personaggi, che gene- ralmente esprimono se stessi, ma nel- le curve e nelle sinuosità date agli in- trecci, nell'azione, nello sviluppo di ogni carattere, nei motivi enfatici: in questa atmosfera Shakespeare rivela se stesso. Fino ai suoi ultimi anni fu uomo profondamente dibattuto in una lotta interiore, come tutti i grandi scrittori: profonda era l'opposizione nella sua natura, spirito e sensi, ed è la rela- zione fra questi opposti, come quella fra i poli elettrici, che dà energia e vita al suo lavoro. Capì ed amò le donne, ma diffidò e temette legami con esse. Mentre un lato di lui era cauto e conformista, ansioso di non offendere il governo dei Tudor, l'altro lato, il più poetico e il più profonda- mente creativo, era ribelle, iconocla- sta, provocante. Codesta profonda di- visione è magnificamente illustrata nella creazione di Falstaff. E' conteso fra l'apprezzamento dei benefici di un governo forte e stabile e l'opinione che non solo il potere ro- vina l'uomo, ma che per raggiungerlo l'uomo deve corrompersi, alterarsi. Le sue tragedie storiche sono di grande saggezza e acutezza politica. Ammirò certi uomini, provò profonda antipatia per certi altri, gli piacquero i generosi, gli ardenti. Diffidò ed ebbe in antipatia i presuntuosi, i freddi ambiziosi, i privi di scrupoli. Aveva un apprezzamento tinto di benevolo umorismo e di tenerezza per ogni genere di « piccola gente », non gli piaceva che costoro perdessero la loro individualità nelle folle, nelle masse di cui diffidava proprio come diffidava di coloro che delle masse si servivano. Egli ci svela nelle sue opere una viva carica emotiva, che trae di volta in volta origine dalle grandi componenti del sentimento: l'amore l'odio la pietà l'orrore l'invidia la gelosia la speranza la fede. Nel loro contrasto o nella loro fusione è una forza espressiva limpida e trasparente. Le sue stesse opere, ad eccezione di certe commedie di un periodo «nero», sono « creative di energia vitale ». In un certo senso egli è più vicino a noi di quanto non lo fosse nei ri- guardi dei suoi contemporanei. Le sue eroine non sono romantiche appari- zioni o bambolette, ma donne che noi comprendiamo, di mente vivace, rea- listiche. Fedeli ai loro cuori esse sono aperte, pratiche, coraggiose. Pronte, quando sono innamorate, a mettersi in cammino per la foresta di Arden o per qualche altra parte. Simili donne possono essere trovate ovunque al giorno d'oggi. Shakespeare ebbe ciò che mi pare la giusta attitudine verso il teatro. Ve lo dice un uomo che nel teatro ha passato trent'anni di vita. Era affasci- nato da cosa poteva fare con esso e in esso, ma non si lasciò imbrigliare com- pletamente e non si identificò con esso. Fu il grande maestro drammaturgo che lottò per non essere mai preso del tutto dal palcoscenico. E in questo, come in molte altre cose, fu uomo saggio. Un grande poeta. La casa natale di Shakespeare nel suo aspetto primitivo a Strafford sull'Avon. COSE LETTE Girano € Cirano di Bergerac », la commedia eroica di Edmond Rostand, ha avuto alla Comédie Française di Parigi una ripresa trionfale. E' dal 1897 che Cirano va sulle scene di tutto il mondo. L'edizione libraria della commedia ha superato il milione di copie. « Le guerre, le generazioni, i cambia- menti di regime — scrive Robert Bourget Pailleron sulla " Revue des deux Mondes " — si sono succedute senza attentare al successo di Cirano. Se ci si domanda la ragione di tale attaccamento ad un'opera vecchia più di 66 anni, la si troverà an- zitutto nella articolazione eccellente di questi 5 atti, nel movimento che hanno fln dall'inizio, nella fiamma che anima questi versi e che si espande subito nel pubblico. Quando la commedia andò in scena la prima volta al teatro parigino Porte-Saint Martin l'entusiasmo degli spet- tatori si comunicò immediatamente alla critica. Edmond Rostand aveva allora 25 anni. Altra ragione del costante successo: Cirano arrivò al momento giusto, quando il pubblico cominciava ad essere stanco di tanti studi psicologici sulla scena tea- trale, tante storie di adulteri parigini, ecc. Il Cirano del Rostand squillò come una fanfara. Cirano poeta frondeur, eterno paladino, i cadetti di Guascogna, l'assedio di Arras, la scena del balcone, il naso, Rossana, il monologo del bacio, l'amore, la morte di Cristiano e quella del prota- gonista all'ultimo atto, il gran sacrificio. Dopo aver goduto a veder beffati gli scioc- chi, il pubblico aspira a versare lacrime per una causa giusta e simpatica... Racconta il Bourget Pailleron che du- rante l'intervallo tra il quarto e 11 quinto atto, ad una dama estasiata il marito dis- se: «Bada, che tutto questo finirà malis- simo...-»; al che ella ribattè: «No, no, taci! Non voglio che tu mi dica... ». Commedia tutta suspense. Il pubblico trattiene il fiato fino all'ultimo, attende ad ogni scena l'inaspettato. Tutto ciò va sempre bene, ieri oggi domani ». Il "relax" Dal settimanale « Amica » (del « Cor- riere della Sera»), articolo del Prof. Gildo Bianchi: «Dal punto di vista psichiatrico, il ter- mine " relax " sta a indicare lo sforzo personale "attivo", diretto a ottenere l'a- bolizione dell'attività muscolare con la quiete della mente. E' ima metodica tera- peutica e, come tale, non può essere effi- cacemente diretta e controllata che da me- dici. Quando stiamo comodamente sistemati in poltrona davanti al televisore o allun- gati sul divano ad ascoltare il disco pre- ferito non « ci rilassiamo » ma, sempli- cemente, «ci riposiamo»: infatti, la di- stensione ottenuta in queste condizioni è superficiale e il beneficio è naturalmente incompleto. Alla stessa stregua, le normali vacanze annuali o di fine settimana sono ottime e sufficienti per le persone in perfetta sa- lute psichica. Per gli affaticati, invece, per i nervosi, per gli ansiosi, per coloro — insomma — che hanno i nervi « a pezzi » ci vuole qualche cosa di più. Ci vuole il « relax » terapeutico di cui sopra; vale a dire un recupero in profondità (operan- do sulla tensione muscolare e nervosa in- timamente legate tra loro, in guisa pres- soché inscindibile). Esistono delle tecniche di « relax » rigo- rosamente scientifiche. Ma, a fianco di esse, che sono debitamente codificate e di dominio esclusivamente medico, esisto- no infiniti altri metodi — non meno va- lidi — che si possono definire intuitivi. Dal punto di vista medico, le metodiche di « relax » più diffuse e più accreditate nel mondo sono quelle dell'americano E. Jacobson e del tedesco J. H. Schulz. H punto teorico di partenza di tali due metodiche è però diametralmente opposto. Mentre Jacobson addita la possibilità di giungere a un rilassamento totale soltanto attraverso un preliminare e completo ri- lassamento dei muscoli, Schulz sostiene che preliminare e completo deve essere invece il rilassamento psicologico. Pur con mezzi e per vie diverse, le due metodiche giungono tuttavia al medesimo scopo finale: quello che uno specialista belga, il dott. A. De Winter, descrive come un « relax » completo e profondo di tutte le attività fisiologiche e in particolare di tutte le strutture muscolari e nervose, comprese quelle delle attività vocali e oculari. Il raggiungimento di tale stato di « relax » totale può essere controllato mediante uno strumento speciale, che si chiama « elettromiografo ». La metodica scientificamente più appli- cata è quella di Schulz, poiché sembra portare a risultati più rapidi e sicuri. Nello spazio di un mese, al ritmo di due sedute per settimana, si possono già ve- dere i primi benefici effetti del « relax » scientifico: la stessa sensazione di calma fisica e psichica che si prova quando si fa un bagno caldo con la testa al fresco. A uno stadio più avanzato, quando il paziente impara persino a controllare i battiti del proprio cuore, il ritmo della propria respirazione o le contrazioni e le secrezioni del proprio stomaco, la metodi- ca del « relax » giunge ad agire efficace- mente anche su organi che non sono nor- malmente sottoposti al controllo della vo- lontà. E' a questo punto che la tecnica del « relax » può diventare un vero e proprio strumento di guarigione. Tuttavia, attenzione! Il «relax» che può far sparire i dolori al fegato o i bru- ciori allo stomaco (disturbi senza base organica ben definita) non guarirà mai una cirrosi epatica o un'ulcera gastrica callosa! E' per tale ragione che il « relax » medico, scientificamente impostato, va ef- fettuato dopo un serio e completo esame clinico e va condotto sotto rigoroso con- trollo del medico specialista. Ciò non toglie che buoni risultati si pos- sano ottenere anche in scuole empiriche. Tutto sta nella serietà e nel rigore con cui i risultati vengono controllati. la torre Eiffel Ha 75 anni. Fu inaugurata il 31 marzo 1889. Charles Braibant le ha dedicato un libro interessante (tHistoire de la Tour Eiffel », ediz. Plon Parigi), con questa pre- fazione : « Io sono nato nello stesso giorno che la Torre, esattamente 4 ore e mezza prima che Gustave Eiffel alzasse il trico- lore in cima ad essa ». H Braibant, dando dati e cifre non disdegna gli argomenti aneddotici ed addirittura umoristici. D ritratto più completo è dedicato a Gustave Eiffel, di famiglia renana. Nato a Dlgione nel 1832, Gustave Eiffel si lau- rea giovanissimo in ingegneria e si affer- ma costruttore audacissimo. In collabora- zione con Bartholdi si interessa perfino dell'intelaiatura della Statua della Libertà a New York. A 52 anni Eiffel intraprende la sua più celebre creazione: una torre metallica al- ta 300 metri. Il progetto presentato da Eiffel, su decisione del Ministro del Commercio Lockroy, viene fatto rien- trare nel piano generale dell'Esposizione Universale del 1889, ma provoca lo scate- narsi di continue discussioni. Fin dai pri- mi lavori scaturiscono molteplici difficol- tà tecniche, quali la solidità delle fonda- menta e dell'edificio metallico coi suoi 7 milioni e mezzo di chilogrammi di ferro e ghisa. Il tutto sotto lo sguardo meravi- gliato degli ammiratori, mentre gli avver- sari attendevano l'inevitabile crollo. Ma ecco che in due anni Eiffel por- ta a termine la torre, nel periodo di tempo previsto, pur partecipando contem- poraneamente alla costruzione del canale di Panama. Il 31 marzo 1889, inaugura- zione della Torre. Eiffel issa sulla sommità la bandiera tricolore, alla presenza delle autorità municipali, seguito soltanto da una ventina di audaci invitati, che si spin- gono a salire fino alla 4" piattaforma. Il 6 maggio si apre l'Esposizione. I curiosi affluiscono al Campo di Marte per salu- tare la « meraviglia ». Assenza totale di re ed ambasciatori. Ma negli anni seguenti tale ostracismo avrà fine e la Torre rice- verà la visita di numerosi sovrani. Col passar del tempo la Torre prende il suo posto nel paesaggio e nel cuore dei pari- gini. Provvista di una stazione telegrafica, di installazioni metereologiche ed aerodi- namiche, essa è consacrata alla scienza, secondo il desiderio d'Eiffel. Il Braibant dedica uno dei migliori capi- toli del suo libro al fascino esercitato dalla Torre su letterati ed artisti: Apollinaire, Banville, Léon-Paul-Fargue, Aragon, Jean Cocteau la ricordano. René Clair le con- sacra un film; una schiera di pittori l'ha dipinta in immagini varie. Alla Torre Eiffel, sentinella di Francia, l'augurio di regnare ancora a lungo sul paesaggio pa- rigino. 10