Ì^RM9R 12. E’ fi dice: Pur fi ufava il Duello in Corte di gran Principi , e fi ufa ancora, e già lo permifero i Romani negli Orazj , e Curiazj , e in Marcello, e Virdomaro, e in Torquato, e quel Gallo, e innanzi ad efft Ettore, Ajace, Menelao, Pari, Enea, Turno, ed in tanti .altri .efernpj, .che Carlo d’Angiò sfida Pier d’Aragona, .l’Imperadore il Re Francefco; e nella Corte di Carlo Magno, e de’Longobardi fi usò già molto il Duello. A ciò rifpondo, che nelle guerre di due 'Signori per liberar tutto un popolo dal pericolo , è ben fatto di far combattere alcuni pochi , perchè le lor differenze con giuftizia non f poffono terminare, perchè non ha®, no fuperiori ; e dovendofi combattere è men male che pochi mojano . che molti. Ecco adunque il Duello d’ Ettore, ed Ajàce , e di Menelao e Pari, di Turno, ed Enea, di Carlo, e Piero, degli Orazj, e Curiazj, e quali iuLtl 1* Enti ; ma nnn iìamo in quel Caio.. 13. Or che parliamo di quello noflro uueim, n ¿A s;>> povmcf- lo da Carlo ( che il parlar de’ Longobardi è parlar di gente fera fenza legge , o fenza ragione ) fu permeilo a fine d’ efercitar i Soldati , e in campo, ove le leggi erano lontane, e per liberarf dal giudizio d’ alcuni pericoli, i quali non fi poffono terminare fenza perdere l’un de’due amici . E non è ora così . E forfè non d’ogni querela fi dava il campo a quel tempo , ma di tradimento, e fimili cofe occulte, le quali malamente fi poffono con ragione terminare , e il lafciarle indecife è con pericolo del Principe. Ma abbialo conceduto chi fi vuole; con ragione non fi mo-ftra conceduto ; nè milita l’autorità , perchè ora fiamo filile ragioni -, E veggiamo , che cofa è Onore, e come non è .ballante il Duello a torlo, o darlo ad alcuno, nè in quello fi dee riporre . Credo , che Onore non fa altro, che quello che Cicerone chiama Honejìum, del quale parla negli Uflficj , ©vero quello , che fi chiama Decoro , che i Greci chiamano ilpiTor Stc, Manca il rimanente