Delle Forze dell’ Intendimento Umano Trattato immagine e Jimilitudine di Dio : noi non gli abbiamo da invidiar quella gloria , badando a noi di applicare a lui le parole del Salmifta ( Pf. xlviii.) 3, L’Uomo , benché tanto onorato e privilegiato da Dio , non ha intela la fua 3, dignità , fi è paragonato co i Giumenti infefati, ed è divenuto limile ad effi, 4. Nel Gap. V. vien egli dicendo , non poter noi conofcere con perfetta Certezza le cole a cagione della continua mutazione, a cui fono fogget-te. ” Eraclito ha molto ben detto, che niunà perfona è mai entrata due ,, volte nel medefimo Fiume, perchè 1’acque , nelle quali l’Uomo entrò, „ ieri , fon già paffete , ed altre oggi han prefo il loro luogo ” . Sentite, che Sofifma {ballato, e peniate , fe Monfignore Huet ne Avrebbe detto dì quelli. Che altro è mai un Fiume, fe non un alveo 0 recipiente ¿’Acque, le quali corrono, 0 poffono correre per elfo ? Certo , che chi entra oggi nel Fiume Arno o Panaro, non entra in quell’Acque , che fcorrevano jeri , Ma lafcia per quedo egli di entrare nel medefimo Fiume ? Si fon mutate i’ acque , è vero : ma non già il lor recipiente , che tuttavia conduce acque5 appellandolo perciò ognuno il medefimo Fiume a didinzion d’altri Fiumi , che hanno diverfo nome, fito, ed acque. Soggiugne il Solida: ” Il Cavai-,, lo , che voi cavalcate oggi, è cofa diverfa da quello, che vi portava je-„ ri, anzi che vi portava un momento fa . Il tempo ne ha portata via una parte . Le fue carni , le fue offa , la fua pelle , il fuo pelo fi fono 3, mutati per la nutritura , per gli efcremehti &c. ” Perciò varj Filofofi , feguitati da Seneca ( Epift. 58. ) han detto , ” che tutte le cole fi fanno, „ ma che niuna d’ effe efifte , di maniera che fi poffa dire , quella effere „ qualche cofa di ficuro e fiffo ” . E S. Agodino ( Quasft. ix. Lib. de Quatd, 83. ) ciò confiderando , fcriffe : Che non bifogna afpettare da’ nodri Senfi , ,. la perfetta conofcenza della Verità ”. Quanto a S. Agodino , egli cosà parlò , perche ficcome avvertì anche Aridotele ( Analyt. Poder. Lib. 1. ) „ Non è il Senio, che cagioni in noi il fapere ; perciocché il Senfo 3, appartiene a cofe particolari ; laddove il Sapere confide in cono-33 fcere I’ Univerfale ” . E quedo conofcimento a moi viene dall’ In-telleto . Oltre a ciò così parlò S. Agodino, perchè co i Platonici infegna va , non dover noi riconofcere da i Senfi la Verità , ma bensì da Dio . Avvertì egli ftefso ( Lib. ni. Cap. xi. ) faggiamente fodenere i feguaci di Epicuro 3 che i Senfi non ingannano , vedendo il Remo nell’ acqua , c mirando la varietà de’ colori nel collo delle colombe ; nè ingannarfi l’Uomo, allorché dice : quedo è dolce o amaro al mio palato ; ma con aggiugg^re nel Lib.v 1 n. Cap.vn.de Civ. Dei, avere i Platonici con più fondamento afseri-jj to : ” Che il lume delle Menti per imparar ciò che vien dal Raziocinio, 5, o da i Senfi , è lo "ftefso Dio, da cui il tutto fu fatto ” . Per altro .egli chiaramente procefsò e condennò quello novello Pirronifta nel Lib.xix,. Cap. 18., della ftella Città di Dio con dire: ” Quanto a gli Accademici , 5, i quali tengono per Incerte tutte le cofe : la Città di Dio affatto dete-3, ila quella dubitazione come una Pazzia j perchè efsa ha una Certiffima ?? Scienza delle cofe, che comprende colla Mente e colla Ragione , ben-