Terza. 31 Àquileja’, che quella Provincia cflfer dovei un giorno sì ricca di quella preziofiffima Se* ta, che al tempo loro equivaleva all’ oro , c di cui non avevano altre nozioni, da quelle in fuori confufe ed incerte, che leggevano in Ariftotile ed in Plinio: che in quella Metropoli * che doveva fucccderle * fiorirebbero quelle manifatture, che venivano folo dall* Alia: che quelle palerebbero ad eifer vendute perfino agli Antìpodi, da effi neppure immaginati .* indi avelie aggiunto , che dagli fteifii Antipodi verrebbe a noi un grano così fecondo j e lalubre, che avrebbe per Tempre, la Dio mercè da noi sbanditi i due maggio, ri flagelli, la fame, intendo, e la pelle; chi avelie, dico, proferite quelle propofizioni , non farebbb’egli flato riputato pazzo , e creduto fanatico ? E pure noi ora poifediamo a dovizia la piu perfetta Seta del Mondo, c in copia tale da far temere agli Temprici che polfa reftarne pregiudicato il prezzo : e con quella Torta di faggina venutaci dall’ America che noi volgarmente appeiliam Sorgo tur• co, fi nodrifee tanto faiutevoi mente novanta per cento della noftra popolazione. Benché non fia così antica 1* introduzione in Italia di quella fpezie di polli , che galli d* India fon detti , è noi chiamiamo volgarmente Dindiott't , è però ignota la loro vera origine t Alcuni li vogliono venuti dall’ Africa ; ma credefi , che gli con* forr*