$4 Secondo giorno dì Quarefima} ■voglio più per Signore Tiberio, tu folo fei il padron mio. Damme, A giàadorai gli idoli ; hora te Dio adoro; già mi legò Sathan, ero lèruo diluì , per tehorafonfciolto, di te lon fatto ferito. Domine, ti dimando Padrone,me riconofco feruidore, non ti chieggio co-fa alcuna , Signore, mi tengo a gran fauore il feruire te folo; ti an-nuntio bene in degno della fiducia, che io tengo in te, la mia gran miferia jilferuix miofia vn dimandar cheto. Puermeusiacet indomo paralìticus,& male torquetur. 11 mio feruidor caro è paralitico,vedi,che gran mal, Signore; Giace di continuo pien di dolori, non potrebbe dar peggio per mia maggior pena. A quello CGnolco,che è mio feruo,de fuflc lèruo tuo non giacerebbe. Surga, Signorc,perche fia tuo, è mio,perche è paralitico; perche fia tuo fanifi homai ; perche B fi crucciale mio ; ceffi la doglia, Signore, & farà tuo. I ferui de gli huomini ftan lempremale, i derni di Dio hanno ogni bene. O va-lorofo foldato. O fornaio Filofofo.O flrenuiffimo Capitano.Ben Centurione, chelo flipédio.terreno commutò nel centefimo frutto celefie-^rencipe faggio che la feruitù faticofa dellaguerra mondana honorò sì altamente con lapacediuina. Era foldato de’Romam,horaè fatto commilitone degli Angeh.Era diletto di Tiberio,hora è diletto di Dio sera cittadino di vna Città profana,hora è cittadino dellaChiefa di Chrifto ;habitaua col corpo in Cafar-naum hora habita con l’anima in Paradifo. Haucua vn tugurio in terra,hora hàvn palagio in Cielo. Era del tutto immondo, horaè C tutto fanto. Era alienigena di natione, hora è domellico di Dio. O beatiffimo Centurione, che ben meritalli sì grata rifpolla. Ego ve-niam, & curabo eum. Ecco che io vengo Capitano, rifponde Chrillo, rantolio farò iut, e danaro il tuo feruo. Replica egli, Domine nonfum dignus, ut intres fub teClum meum, fed tantum die verbo , & fanabitur puer meus. Non hò dimandato quello, Signore. Io non ho fi poca fede , che io non creda, che tu non polli liberarlo abfente,come predente- lo non lònsì altiero,che voglial’immondiffimo mio tugurio honorar con la tua prefentia, mio Signor, e Dio . Io non lon sì imprudente,ne così ardito,di voler lafciarti entrar in quelle mie „ immonditie profane. Édm,&ego homofumfubpotefiateconftitutus,& cacofonie vade ,& vadit ,& alio veni, & venit, &feruo meo fac hoc,& facit. lofonhuomo,Signore,# tu fei Dio. Io fonfoggettoa Romani, & lulignorcggiiltutto.Tu fei il Dio della naturala vita eia morte c nede tue mani. La tua immenfità nó è circonfcrittajla tua potentia e illimitata ; tu lei in ogni cola, & ogni codaempij, nè luogo,nè tempo può impedire la tua virtù, gli Angeli ti affiftono tempre, 1 cenno tuo fa voltare le colonne ceicfti;al tuo voler non fi refifte; * °1ìnjP°teJnte>di a ..a paraliiia, Signor, fuggi,e fuggirli sera’ disili ccdetc’& ccderanno ; dì al mio lèruo luigi, e ffiigera, di alla falute torna, e tornerà. Tantum dic yerbo,& fanabitur