458 L'ECONOMISTA 14 maggio 1916 - N. 2193 alle industrie, deficienza non facilmente riparabile, quantunque una migliore utilizzazione di quelle esistenti ne farebbe risentire ancor meno le conseguenze, noi dobbiamo lamentare una insufficienza tecnica e specialmente una insufficienza psicologica. La prima il Carli giustamente ricollega al problema dell'insegnamento professionale che dovrà diventare uno dei capisaldi della vita futura della nazione che aspira a rinnovarsi. Dalla sua soluzione dipende la piena valorizzazione delle energie nazionali, la piena efficienza del nostro paese e quindi il suo grado di vitalità e di resistenza organica nell'ambiente mondiale, i La scuola professionale, che diverrà sopratutto scuola di popolo, porrà le classi inferiori in grado di elevarsi automaticamente, faciliterà quel fenomeno di capillarità sociale per cui elementi dei bassi strati salgono ed acquistano funzioni direttive; e contribuirà così a far raggiungere un equilibrio dinamico della popolazione, sia nel riguardo ! quantitativo sia in quello qualitativo il più perfetto che sia possibile. E verrà allora a formarsi di pari passo una coscienza economica nazionale compenetrata con una coscienza politica nazionale, che porterà a considerare da un nuovo punto di vista i nostri massimi problemi e determinerà le forze e la fiducia necessarie a risolverli con fortuna. Poiché noi crediamo che sia necessario conquistare, ancor prima di procurarsi i mezzi materiali per combattere, la coscienza del fine che si vuole raggiungere, e cercare che questo si immedesimi coli'anima di tutta la nazione. I problemi, ancor prima di discuterli e di prepararne la soluzione, debbono essere sentiti dal popolo, che è il vero artefice di ogni rinascita e di ogni progresso. Se la Germania ha raggiunto il grado di sviluppo meraviglioso che tutti riconoscono è principalmente perchè ogni cittadino, dal professore universitario al modesto borghese o professionista, dal ricco industriale al più umile lavoratore, aveva la coscienza di lavorare oltre che per sè, per il proprio utile, anche per il bene e la grandezza della patria. Salutem ab inimicis : che tutti gli Italiani siano animati dallo stesso ideale : avremo così la certezza di conseguire anche la vittoria economica dopo che avremo raggiunta quella militare. Italia e ferrovie balcaniche Se è vero, come è vero certamente, che l'Italia non fa ora la guerra soltanto per liberare le terre italiane che sono soggette alla dominazione straniera, ma anche per acquistare una giusta supremazia nell'Adriatico e un legittimo campo d'influenza in Oriente, è naturale che gli intelletti più operasi fino da ora studino i mezzi, che sono molteplici, per ottenere tali risultati. Non è troppo presto, sia perchè sono cose che non s'improvvisano, sia perchè alcune, per essere attuate, possono aver bisogno d'intese d:a stabilirsi tra il nostro e gli Stati alleati, che a suo tempo, cioè, subito dopo la guerra, dovranno concordemente determinare il nuovo assetto politico e economico da dare alla sconvolta Europa. Dal problema d'una equa ripartizione della grande penisola balcanica tra quegli Stati che ora se ne disputano il possesso, non potrà scompagnarsi l'altro, concernente le future vie di comunicazione tra la penisola stessa e i suoi più prossimi paesi europei e le sue più prossime zone marittime del Mediterraneo. Non è punto nuova, nè con pochi contrasti, la questione delle ferrovie balcaniche, in quanto debbano passare cLa un punto piuttosto che dia un altro, favorire gli interessi di questo o invece di quello tra gli Stati confinanti, metter capo all'uno o all'altro porto di mare. Ma d'altra parte è certo che a risolverla varranno; in seguito all'esito della guerra, elementi e 'forze .ben diverse da quelle di prima. Finora avevano ottenuto la prevalenza gli interessi dei due Imperi Centrali: in modo più diretto, stante la prossimità, quelli dell'Austria-Ungheria, e in modo non molto più indiretto quelli della Germania. Così è che i detti due paesi si trovano già allacciati con la penisola balcanica mediante due linee ferroviarie che tutta la attraversano longitudinalmente. Infatti quella che da Vienna per Budapest e Belgrado giunge a Nassa, da questo punto in poi diventa duplice, e da una parte per Sofìa e Filippopoli corre fino a Costantinopoli, da un'altra per Uscub giunge a Salonicco. E' poi in. costruzione quella destinata a unire Salonicco e Vienna attraverso la Bosnia, passando c.ioè; per Seraievo. Ne manca tuttora il tronco fra Uvat e Novibazar, il cui lavoro naturalmente è sospeso durante la guerra. Venga o no ripreso e condotto a termine dopo la pace, ciò che interessa 'l'Italia è che nella penisola balcanica si costruiscano anche ferrovie trasversali, che dai suoi centri più ragguardevoli mettano capo all'Adriatico. Prendendo le mosse da questo giustissimo criterio fondamentale,. e per giungere alla conclusione di rendere Otranto o Brindisi testa dli ponte delle ferrovie balcaniche, l'Ing. Giacomo Buonomo ebbe a svolgere tutta una serie di considerazioni tecnico-geografico-economiche in una importante comunicazione da lui fatta alla Società degli Ingegneri, Architetti e Industriali di Napoli il 16 febbraio, e pubblicata più di recente. Lo spazio non ci consente dì riferire neppure in sunto i numerosi dati di fatto ch'essa contiene. Limitiamoci a seguire con rapidità i punti principali del ragionamento. Il problema delle ferrovie balcaniche verrà certo trattato1 nel Congresso1 che farà seguito alla guerra. L'Italia deve prepararsi a sventare il pericolo che gli Stati balcanici diventino una dipendenza economica dell'Europa centrale. Le due linee ferroviarie,, finora inesistenti; Danubio-Antivari e Monastir-Valona, sono destinate ad essere dei diversivi delle correnti ascendenti e discendenti delle linee dal Danubio verso l'Egeo. Quella che interessa il nostro paese è la seconda. Il Governo ottomano fino da un quarto di secolo fa ne aveva, ventilato il progetto, e i relativi studli furono eseguiti prima dalla Deutsche Bank, poi da un sindacato italiano. Ma essi implicavano la richiesta d'una fortissima garanzia chilometrica: circa 30 mila lire per chilometro su chllom. 265. Ogni progetto restò abbandonato. Dopo la guerra, per altro, converrà tornarvi sopra. Di certo non mancheranno validi gruppi finanziari disposti ad assumere tale impresa. Ove anche non si contentassero dfuna garanzia minore di quella suindicata, il carico, che parve intollerabile sdl'e-sausto tesoro ottomano, non lo sarebbe per l'Italia. Ma è verosimile che a quest'ultima farebbero più favorevoli condizioni, sia perchè miglior pagatrice, sia perchè il reddito naturale, della ferrovia promette di essere più largo e più sicuro quando essa traversi un territorio politicamente meglio assestato e faccia capo a una Valona italiana, di quello che potesse essere previsto anni or sono. Importa dunque che nel futuro Congresso l'Italia riesce a fare riconoscere e deliberare la scelta della linea Mo-nastir-Valona fra le linee balcaniche da costruire. La sua, importanza, e il presumi!)il6 reddito, non deriverebbero già dal poco traffico locale, bensì dall'essere la linea in discorso un tronco d'una grande arteria internazionale. Della quale già esistono e sono in esercizio i tronchi successivi: prima quello da Mouast.ir a Salonicco, poi da Salonicco, per Seres e Drama, a Dedeagasch, da ultimo di qui per Cu-leliburgas a Costantinopoli. Più d'uno di cotesti tratti dovrebbe venire qua e là rettificato, di più d'utno converrebbe rinforzare l'armamento, in guisa da rendere possibile la velocità di 60 chilometri l'ora; ma se e quando tutto ciò fosse eseguito!, calcola l'Ing. Buonorno che in 32 ore e mezzo potrebbe percorrersi la distanza non interrotta fra Costantinopoli. c Valona. Riguard'o alle conseguenze economiche che si concretano nel traffico, egli prende a considerare 11 movimento commerciale d'importazione ed esportazione degli Stati balcanici, Serbia, Montenegro, Bui-