concretamente realizzabili sia molto ridotto, con tendenza a contrarsi ancora di più in futuro proprio a causa del processo di concentrazione che interessa l’industria un pò ovunque. Di conseguenza le imprese italiane di questo settore (e di altri della meccanica strumentale) si trovano a fronteggiare una situazione in continua evoluzione in cui la variabile intemazionale unita a quella tecnologica gioca un ruolo fondamentale. Per quanto concerne il processo di internazionalizzazione, la propensione finora manifestata a previlegiare con l’estero forme di cooperazione intermedie tra l’investimento diretto e l’esportazione sembra dovuta a due elementi. Da un lato le dimensioni ancora ridotte di questi gruppi non sono probabilmente in grado di sostenere una forte presenza estera diretta. In questa ottica un’analisi dei costi transazionali alla Williamson non dovrebbe essere molto favorevole a queste imprese. D’altro canto il forte coinvolgimento in paesi in via di sviluppo o, più recentemente, a economia pianificata, attraverso forme intermedie tra gerarchia e mercato potrebbe rendere valido il modello dell'ostaggio di Williamson. In altri termini queste forme di cooperazione dovrebbero consentire di limitare i potenziali conflitti con i partner di questi paesi, spesso rappresentati da enti statali che operano secondo logiche spesso diverse da quelle del mercato capitalistico occidentale. In sintesi le imprese e i gruppi qui considerati sembrano muoversi verso una internazionalizzazione di tipo pragmatico in cui coesistono strategie e forme diverse a seconda dei prodotti, dei partner e dei paesi. Questo dovrebbe consentire una lettura più simile all’approccio eclettico proposto da Dunning nel senso che la scelta delle imprese è condizionata dai vantaggi di volta in volta riscontrabili: da proprietà (possesso di know-how), da intemalizzazione (costi transazionali favorevoli) e localizzativi (condizioni del paese partner).